giovedì 17 gennaio 2008

SUL PAPA ALLA SAPIENZA

Cosa si può dire dopo i fatti de La Sapienza?
Ho i miei dubbi che finalmente si sia stabilito un confine tra politica e religione. Non era la prima volta che un pontefice veniva invitato in un’università e non sarà l’ultima. Più che altro già mi vedo chi si lamenterà della persecuzione, di cui soffre il mondo ecclesiastico negli ultimi anni, avere ancora più spazio mediatico. Chi ha scatenato “la rivolta” invece si glorierà di aver vinto la battaglia, anche se la questione stato/chiesa è ben al di là dall’essere risolta. Il rischio in Italia, in questo campo come in altri, è che ogni contraddizione, qualsiasi questione culturale, politica, sociale che veda due fronti opposti si risolva in un conflitto armato tra sordi. Il confronto, la sana disputa razionale (anche quando può essere accompagnata da una sana dose di passione) sembrano essere spariti in questo Paese, forse a causa dei 14 anni passati con il bipolarismo politico della Seconda Repubblica, fondata sullo scontro ideologico tra due schieramenti partitici quasi privi ormai di ogni struttura ideologica alla loro base.
Fossero solo le ideologie a mancare, ma qui ad essere in crisi sono anche gli ideali, e se a questo si aggiunge la scarsa fiducia nelle istituzioni., il triste quadro di questi anni si rende più evidente. Forse è proprio in questa situazione di crisi di ideali e istituzionale, che, come scrive Ezio Mauro, sulle pagine di Repubblica, che le istituzioni ecclesiastiche cercano sempre di più di imporsi come guida etica anche di chi non è credente, o di chi, credente, vuole distinguersi su alcune posizioni chiavi della Chiesa; una guida compiuta influenzando o cercando di influenzare, le scelte politiche dei governi. Un’influenza che porta a sua volta però un’ulteriore crisi politica e istituzionale
Ma il tentativo della Chiesa non può essere affrontato opponendo ad essa l’anticlericalismo fine a se stesso. La soluzione sta ancora nel confronto aperto e schietto non tra categorie, ma tra individui con tutti i loro ideali e le loro ragioni, per poter capire alla fine quali possono essere le soluzioni più ideali e più razionali dei problemi sociali ed etici.
Per quanto riguarda la sua parte, il Partito Democratico rischia ancora di essere incatenato a contrapposizioni sorde come quella su citata. La contrapposizione Ex Democristiani ed Ex Comunisti..la contrapposizione ex provenienti dai partiti ed ex provenienti dalla società civile..ecc...
Tutto ciò rischia di minare il processo, se non si vuole essere capaci di contaminarsi l’un con l’altro. Un principio che vale per il Partito Democratico, e per la società in generale, e ancor di più alla presenza fenomeni migratori che magari alla questione Stato / Chiesa Cattolica hanno una terza posizione da aggiungere.
Chiudo con una considerazione sull’assemblea dei costituenti veneziani svoltasi sabato 12 gennaio a Favaro e sull’ordine del giorno sulla 194 e sulla moratoria sull’aborto lì presentato, considerazione che spero non crei dissapori trattandosi di un tema così delicato. La presentazione dell’ordine del giorno, un testo che sinceramente condivido, ha portato ad un duro scontro nell’assemblea. Il mio timore come osservatore esterno in quel momento, è rischiare di veder ripetersi in futuro quello che nei DS ho già conosciuto: l’instaurarsi di minoranze e maggioranze in grado di non parlarsi tra di loro, cristallizzate e fini a se stesse.
Che Ferrara cercasse, più che la moratoria in sé, di mettere l’ennesimo seme della discordia dentro il corpo del nuovo partito? In ogni caso cerco disperatamente qualcuno che mEtta finalmente discordia nel corpo di Ferrara (e come direbbe Benigni spazio ce n’è!).

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