lunedì 26 ottobre 2009

venerdì 23 ottobre 2009

Care democratiche, cari democratici,

il prossimo 25 ottobre ci saranno le elezioni primarie per eleggere il nuovo segretario del Partito Democratico. È per noi tutti, che abbiamo a cuore l’Italia, un appuntamento fondamentale per rafforzare la democrazia del Paese.



Una grande e convinta partecipazione sarà la migliore risposta alla volontà della destra berlusconiana di sfigurare il volto democratico della società civile. Volontà che si manifesta ogni giorno ignorando i bisogni reali dei cittadini, fingendo che la crisi sia passata, calpestando il diritto ad una informazione libera, costringendo il Parlamento a subire le decisioni imposte dal governo, premiando i disonesti e mortificando chi le leggi le rispetta.



Con il nostro voto contribuiremo al rilancio del Partito Democratico, dopo la grande partecipazione degli iscritti in ogni luogo del Paese. Le primarie saranno il suggello finale di questo cammino di condivisione.



Essere in tanti il 25 ottobre significa dare al PD energie nuove o suscitare una speranza nuova nel Paese.



Per questo la partecipazione alle primarie e il nostro voto saranno decisivi. Insieme potremo adoperarci per il cambiamento. Sostenere il rinnovamento e il rafforzamento del PD significa creare un’alternativa al governo berlusconiano in grado di riportare al centro dell’azione politica le aspettative e le esigenze delle persone e non gli interessi di pochi.



Abbiamo bisogno di buona politica, onesta e responsabile; di un partito radicato tra la gente; di democrazia reale e non mediatica; di una credibile alternativa alla destra.



Abbiamo bisogno di un Partito Democratico più solido e più forte.


Pier Luigi Bersani




Scelgo Bersani perchè ...
Accanto a testimonial d'eccezione (uno per tutti Carlo Azeglio Ciampi) ecco anche Luciana Littizzetto e Gene Gnocchi che in una surreale video-intervista spiega perchè anche lui sostiene Pierluigi


Tutto sul voto di domenica
Trovi tutte le informazioni utili qui



Cosa altro puoi fare per aiutare Bersani a diventare segretario del PD?

“La Costituzione è una cosa seria” .
Diffondi il nuovo spot della campagna di Bersani. Fallo circolare più possibile. http://www.youtube.com/watch?v=3kDI32a5Bow

Pillole- video
Ecco una serie di piccoli video che mettono in evidenza alcuni temi del progetto che ci sta a cuore.
Guarda e diffondi il video-pensiero di Bersani.

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Leggi le frasi di Pier Luigi su www.bersanisegretario.it e condividile su Facebook con i tuoi familiari e i tuoi amici, per riuscire tutti insieme a dare un senso a questa storia.

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Bersani per te: cosa è cambiato con le sue liberalizzazioni
Da lui azioni concrete e non solo parole. Guarda cosa è cambiato grazie alla sua azione di governo. Diffondi il materiale tra i tuoi amici

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giovedì 4 giugno 2009

LA SCELTA

C’è veramente il rischio del dilagare del Berlusconismo contro la democrazia . Lo misureremo nelle votazioni di sabato e domenica. Ma questo rischio non verrà misurato sulla differenza tra chi ha votato per lui e chi non ha votato per lui, ma tra chi ha votato per il suo partito e quelli che hanno votato per il maggior partito all’opposizione direttamente concorrente. L’unico partito che nel caso fosse al governo in grado di poter sedere su un tavolo con i rappresentanti dei sindacati e delle altre forze sociali; l’unico che all’esplodere della crisi si è speso per proporre delle soluzioni quantificabili, come il sussidio economico per le migliaia di disoccupati appartenenti al mondo del precariato, che senza lavoro si troverebbero senza forme di sostegno come la cassa integrazione; l’unico che sa avere al suo interno competenze anche su tematiche a livello europeo , e non solo nazionali (e per delle elezioni che si definiscono europee non penso sia poco).

Non esiste il partito migliore per definizione, e non esiste il partito meno peggio.
Esistono invece la responsabilità e la partecipazione.
La partecipazione come chiave per migliorare ciò di cui si sente parte, di cui non basta il voto. La responsabilità è invece dei dirigenti, che giustamente oggi più che mai devono cominciare a guardare alla gente. Ma la responsabilità è anche di chi vota, e sceglie che forma dare alla democrazia.
Questo week end possiamo scegliere se dividerci per vent’anni tra l’istrionismo di Berlusconi o l’istrionismo del suo anti-clone, oppure cominciare ad aprire le porte alla politica.
Non esiste il “tanto peggio tanto meglio”. Esiste la scelta.

domenica 24 maggio 2009

Debora Serracchiani

Debora Serracchiani candidata alle elezioni Europee

mercoledì 1 aprile 2009

IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA





IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA :
GOVERNARE L’INTEGRAZIONE

Giovedì 2 aprile alle ore 17 e 30
Istituto di Cultura Laurentianum, Piazza Ferretto, 121 Mestre

Relatori:
Davide Papotti – Geografo Culturale
Gianfranco Bonesso – Esperto di fenomeni migratori

Intervengono:
Sergio Chiloiro – Segretario della Camera del Lavoro di Venezia
Bernardino Mason – Presidente della Coop. “Il Villaggio Globale”
Angelo Pozzan – Avvocato
Maurizio Scassola – Presidente Ordine dei Medici di Venezia
Sandro Simionato - Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Venezia
Alessandro Maggioni – Consigliere comunale di Venezia e Coordinatore comunale PD

Un dibattito ed un confronto con la cittadinanza per avere una visione d’insieme del fenomeno dell’immigrazione nel nostro territorio urbano e delle risposte che la città (intesa sia dal punto vista politico-amministrativo che associazionistico) riesce a dare; un dibattito che possa anche essere da stimolo per individuare contenuti da portare come contributo al programma politico delle comunali del 2010.

Sono invitati al dibattito:
Cittadini, associazioni, amministratori

L’iniziativa è organizzata da Circolo PD G. Pellicani Mestre Centro e dal Gruppo Consiliare Partito Democratico del Comune di Venezia

domenica 8 marzo 2009

Oggi la ruota gira piano....Parte 2

Detto quel che ho detto sul precedente post omonimo, guardiamo avanti.


Secondo me è stata giusta la scelta di non andare alle primarie o al congresso adesso: ci avrebbe non solo ulteriormente lacerato, ma avrebbe sbattuto nuovamente tutte le nostre tensioni nei media, con ulteriore calo dei consensi. Ha detto bene Franceschini che sui giornali ci si deve andare per fare proposte e fare opposizione al governo, perché gli spazi di discussione in partito per uno scontro propositivo e costruttivo ci sono, bisogna solo saperli utilizzare.

Su quello che dev’essere il partito in futuro non c’è altra strada che ritrovare lo spirito iniziale e non quello degli ultimi mesi.
A me non interessa mettere insieme categorie sociali che non vivo nella vita di tutti i giorni: nel mio relazionarmi nella società nel lavoro non posso distinguere i laici dai cattolici.
L’unico approccio possibile di un politico è quello di dare risposte a chi ha più problemi, chi vive nel disagio, nella paura, nell’insicurezza sociale economica lavorativa, e questi non ci chiedono una risposta laica e cattolica, ma una risposta concreta, razionale. E riformista, perché è da questa parte che abbiamo deciso di stare. E non dalla parte dei conservatori.

E aggiungo sulle polemiche derivate dal “dover marciare insieme con artigiani e i piccoli e medi industriali”. Qui le battute possono essere facili, ma qui non si tratta di sposare Confindustria. Anzi significa proprio negare la logica con cui Confindustria si prende il diritto di rappresentare in toto una categoria sociale. Forse perché le categorie di oggi non sono più quelle di qualche decennio fa.

La proposta di Franceschini dell’assegno per i precari che perdono il posto di lavoro pone bene la questione che non tutti i lavoratori subordinati sono nelle stesse condizioni.
C’è chi in una gravissima situazione di disagio determinata dalla crisi si ritrovano ad avere meno diritti di altri. E penso che noi proprio presso chi ha meno diritti prima di tutto dobbiamo rivolgerci.

E se c’è una persona di trenta quarant’anni che legittimamente decide di investire i soldi che si è messo da parte dopo anni di lavoro, per aprire un’attività, piccola o media, che sia e si trova di fronte alle difficoltà burocratiche, fiscali, oltre quelle economiche della crisi, può essere un interlocutore? Io penso di sì.

Come può essere interlocutrice tutta una fascia della società legata all’immigrazione che sarà la prima vittima della crisi, dato che subirà i primi effetti della disoccupazione. Per molti il rischio sarà di tornare in uno status di irregolarità (a causa delle storture della Bossi Fini), esposti ai circuiti criminali ad essa legata.

Per cui superando la polemica se siamo di centro o sinistra (definizione che nasce prima di tutto dalla collocazione “geografica” dell’emiciclo parlamentare, per cui andiamo a vedere dove siamo seduti in Parlamento e poi lo capiamo) quello che interessa a noi realmente è invece capire chi vogliamo proteggere: le categorie in difficoltà del novecento o quelle del nuovo secolo? Quando abbiamo capito questo possiamo cominciare a capire cosa fare, quali scelte prendere, e con chi vogliamo allearci o meno.

sabato 21 febbraio 2009

LA POLITICA E’… ORGANIZZARE LA SPERANZA

LA POLITICA E’… ORGANIZZARE LA SPERANZA
Intervista all’onorevole Tina Anselmi

(Pubblico sul blog questa intervista di Lidia Menorello a Tina Anselmi. E' di qualche anno fa', ma penso che abbia ancora molto da dire. Faccio notare soprattutto le frasi finali sul dovere di partecipare e sull'organizzare la speranza. ndr.....NDL...)

Tina Anselmi nasce a Castelfranco Veneto, nel trevigiano, il 25 marzo del 1927. E’ chiamata spesso ad intervenire e a relazionare sui temi di attualità socio-politica, a dare il suo prezioso contributo e ad insegnare il suo impegno e il suo amore per la politica, soprattutto ai giovani. Molti gli incarichi ricoperti dall’onorevole Anselmi in questi ultimi anni, sul fronte dell’impegno sociale, quasi da rendere superflua ogni sua presentazione. Vorrei, comunque, citarne alcuni: Ministro della Sanità; Ministro del Lavoro; Presidente della Commissione Pari Opportunità e Membro della Commissione d’Inchiesta Governativa per accertare gli eventuali crimini commessi in Somalia dai contingenti italiani.
Ma, al di là della “veste” di Ministro, che a volte allontana la gente comune, Tina Anselmi è una distinta signora, dall’aria riservata e discreta. L’ho incontrata alla Scuola di Politica del Patriarcato di Venezia, dove si era recata per tenere una lezione sul Movimento Cattolico Italiano, partendo dal pensiero di don Sturzo. Dell’impegno politico Tina Anselmi ha più volte detto che “è la forma e l’espressione più alta della Carità, come direbbe Sant’Agostino”, così, quando le viene chiesto di spiegare questa sconvolgente affermazione, la sua voce discreta e dai toni pacati, lascia spazio ad un silenzio attento e vigile “La politica risolve i problemi del Bene Comune andando incontro non al bisogno del singolo, bensì ai bisogni di tutta la comunità, permettendo così al bisogno dell’individuo di trovare soddisfazione e risposta in un progetto politico che riguarda certamente le singole comunità, nella diversità dei momenti storici, ma che fa dell’azione politica, come appunto dice sant’Agostino, la forma più alta di Carità o, come dice san Tommaso, semplicemente il bene umano, dove quel “semplicemente” non è riduttivo”.
Rassicurante e materna, già dalle prime battute, Tina Anselmi riesce ad accattivarsi la mia simpatia di mamma di un giovane in formazione così, al termine della Conferenza, la avvicino per chiarire e chiarirmi cosa effettivamente serva oggi per stimolare i giovani (e i meno giovani) alla gestione responsabile del così tanto prezioso Bene Comune.
“Onorevole, cosa gestisce la politica e come si può creare, oggi, un clima culturale nuovo nel quale i giovani possano crescere e accrescere la loro libertà di scelta responsabile?” domando, annegando quasi nel suo sguardo attento, che ha lasciato ai margini ogni altra cosa, per concentrarsi solo sul mio chiedere. Nonostante la marea di gente che si accalca attorno, Lei mi fa sentire chiusa in uno spazio privilegiato, quasi fossimo sedute al tavolino di un bar, per bere un tè e chiacchierare come due “vecchie” amiche. Poi, come se uno starter invisibile avesse dato il segnale di partenza, intorno si fa il silenzio e la sua voce avvolge nuovamente tutti:
“La politica verifica innanzitutto che le leggi non risolvono i problemi se non c’è nel Paese una cultura omogenea, che consenta delle leggi sugli obiettivi. Lo stesso successo sul piano del governo o legislativo è molto condizionato dalla vicenda culturale. Viviamo un momento di grande trasformazione, ma la più grande è quella che sta avvenendo nella cultura: tutti sappiamo tutto di tutti. Allora, quando non si può ignorare la condizione umana, con i problemi che porta con sé, evidentemente occorre adeguare la lettura politica e la soluzione politica a queste realtà nuove.
Faccio un esempio semplice: tempo fa sono stata in Africa per la vicenda dell’inchiesta sulla Somalia. Ebbene quando siamo arrivati ci siamo resi conto che non basta mandare un contingente di soldati perché oggi l’assurdo, il paradosso, sta nel fatto che bisogna preparare i soldati a costruire la pace e non a fare la guerra. Non si deve più sviluppare una cultura alla Rambo, ma la cultura di chi va in un Paese per portare la pace e ricostruirlo, nel rispetto della religione, della cultura, della tradizione di quel popolo. Trent’anni fa nessuno poteva immaginare, neanche lontanamente, che questi sarebbero stati i problemi sui quali oggi si sarebbero dovuti misurare i contingenti militari.”
Una vita dedicata interamente alla politica, un grande Amore che traspare dai suoi occhi, a volte concentrati a guardare lontano, come a riprendere dal passato ricordi chiamati a testimoniare anche dure sconfitte, come accade in ogni rapporto d’Amore. Sorride, l’onorevole Anselmi, quando glielo faccio notare e, alla domanda “Cosa vorrebbe dire a chi, oggi, volesse intraprendere questa strada?” risponde senza esitare:
“Quello che ha detto un giovane partigiano di Modena, prima di essere fucilato, ai suoi compagni di scuola, dopo aver raccontato perché era diventato partigiano “Vi devo lasciare perché il picchetto che mi deve fucilare è venuto a prendermi. Vi prego di non pensare a me come ad un eroe. Ci vuole meno a morire per un’idea... che non a vivere ogni giorno per quell’idea”. Ecco, io dico ai giovani: siete nati in un Paese libero, dove le idee circolano, dove potete leggere i libri che volete, vedere i film che volete, sentire la musica che volete. Oggi vivete in un mondo aperto. Siete liberi di fare le vostre scelte, ma l’importante è che facciate una scelta, perché anche la qualità della politica dipende dal contributo che ogni cittadino dà, assumendosi la propria responsabilità.
Dunque, siete liberi di scegliere e avete il dovere di partecipare, perché solo partecipando la politica risolverà i problemi che voi le affidate. “La politica gestisce un rapporto d’Amore” ha detto il Patriarca di Venezia, Marco Cè, sono profondamente convinta che sia così, perché LA POLITICA È ORGANIZZARE LA SPERANZA E PER SPERARE NEGLI UOMINI BISOGNA AMARLI.”

Lidia Menorello

martedì 17 febbraio 2009

OGGI LA RUOTA GIRA PIANO...

Oggi la ruota gira piano. C’è chi si esalterà alle notizie che vengono da Roma, altri si metteranno le mani sui capelli, disperati.
Ci sono momenti in cui anche di fronte alla più grande delle sconfitte, salta sempre fuori qualcuno che dice che non bisogna perdere la speranza, bisogna analizzare gli errori e guardare avanti. Io gli errori posso anche analizzarli: una leadership nata prima del partito; una doppia legittimazione del corpo partito data da una parte dalle primarie, dall’altra dal tesseramento; aver subito perso quella spinta propulsiva data dalle primarie e dalla campagna elettorale delle politiche 2008 subito dopo le medesime e non essere andati a congresso immediatamente dopo; aver troppe volte mediato sull’unione di due partiti e troppo poco pensato a come crearne uno nuovo (e quando lo si è fatto si è sempre concentrati sulla struttura, sulla forma, sui metodi, e poco sui contenuti, vedendo sempre nelle primarie la panacea di tutti i mali, quando una buona commissione di garanzia funzionante sarebbe bastata)…
Il futuro, oggi è invece più difficile da vedere. Una crisi di partito a ridosso di vicinissime elezioni non può portare bene, soprattutto nel contesto di un partito non ancora del tutto formato. Oggi è dura la speranza, quando la si è elargita a chili e poche volte è stata ricompensata, quando tante volte ci si è sgolati per fare da ponte e mediatori tra il partito e la gente, ed essere spesso guardati con scetticismo da entrambe le parti. Oggi per una volta mi prendo la libertà di girare le critiche ai Cugini e ai Parenti, per dire loro che la crisi del centro sinistra di oggi nasce prima di tutto da loro precise scelte di dieci anni fa, perché oggi è più dura essere comprensivi.
Oggi, martedì 17 febbraio, è difficile guardare avanti.
Domani, mercoledì, riprenderò a cercare d’immaginare il futuro.

venerdì 13 febbraio 2009

L'unica risposta è il silenzio


mercoledì 21 gennaio 2009

DISCORSO D'INSEDIAMENTO DI BARACK OBAMA

OGGI mi trovo di fronte a voi, umile per il compito che ci aspetta, grato per la fiducia che mi avete accordato, cosciente dei sacrifici compiuti dai nostri avi. Ringrazio il presidente Bush per il servizio reso alla nostra nazione, e per la generosità e la cooperazione che ha mostrato durante questa transizione.

Quarantaquattro americani hanno pronunciato il giuramento presidenziale. Queste parole sono risuonate in tempi di alte maree di prosperità e di calme acque di pace. Ma spesso il giuramento è stato pronunciato nel mezzo di nubi tempestose e di uragani violenti. In quei momenti, l'America è andata avanti non solo grazie alla bravura o alla capacità visionaria di coloro che ricoprivano gli incarichi più alti, ma grazie al fatto che Noi, il Popolo, siamo rimasti fedeli agli ideali dei nostri antenati e alle nostre carte fondamentali.

Così è stato finora. Così deve essere per questa generazione di americani.

E' ormai ben chiaro che ci troviamo nel mezzo di una crisi. La nostra nazione è in guerra contro una rete di violenza e di odio che arriva lontano. La nostra economia si è fortemente indebolita, conseguenza della grettezza e dell'irresponsabilità di alcuni, ma anche della nostra collettiva incapacità di compiere scelte difficili e preparare la nostra nazione per una nuova era. C'è chi ha perso la casa. Sono stati cancellati posti di lavoro. Imprese sono sparite. Il nostro servizio sanitario è troppo costoso. Le nostre scuole perdono troppi giovani. E ogni giorno porta nuove prove del fatto che il modo in cui usiamo le risorse energetiche rafforza i nostri avversari e minaccia il nostro pianeta.



Questi sono gli indicatori della crisi, soggetti ad analisi statistiche e dati. Meno misurabile ma non meno profonda invece è la perdita di fiducia che attraversa la nostra terra - un timore fastidioso che il declino americano sia inevitabile e la prossima generazione debba avere aspettative più basse.

Oggi vi dico che le sfide che abbiamo di fronte sono reali. Sono serie e sono numerose. Affrontarle non sarà cosa facile né rapida. Ma America, sappilo: le affronteremo.

Oggi siamo riuniti qui perché abbiamo scelto la speranza rispetto alla paura, l'unità degli intenti rispetto al conflitto e alla discordia.

Oggi siamo qui per proclamare la fine delle recriminazioni meschine e delle false promesse, dei dogmi stanchi, che troppo a lungo hanno strangolato la nostra politica.

Siamo ancora una nazione giovane, ma - come dicono le Scritture - è arrivato il momento di mettere da parte gli infantilismi. E' venuto il momento di riaffermare il nostro spirito tenace, di scegliere la nostra storia migliore, di portare avanti quel dono prezioso, l'idea nobile, passata di generazione in generazione: la promessa divina che tutti siamo uguali, tutti siamo liberi e tutti meritiamo una possibilità di perseguire la felicità in tutta la sua pienezza.

Nel riaffermare la grandezza della nostra nazione, ci rendiamo conto che la grandezza non è mai scontata. Bisogna guadagnarsela. Il nostro viaggio non è mai stato fatto di scorciatoie, non ci siamo mai accontentati. Non è mai stato un sentiero per incerti, per quelli che preferiscono il divertimento al lavoro, o che cercano solo i piaceri dei ricchi e la fama.

Sono stati invece coloro che hanno saputo osare, che hanno agito, coloro che hanno creato cose - alcuni celebrati, ma più spesso uomini e donne rimasti oscuri nel loro lavoro, che hanno portato avanti il lungo, accidentato cammino verso la prosperità e la libertà.

Per noi, hanno messo in valigia quel poco che possedevano e hanno attraversato gli oceani in cerca di una nuova vita.

Per noi, hanno faticato in aziende che li sfruttavano e si sono stabiliti nell'Ovest. Hanno sopportato la frusta e arato la terra dura.
Per noi, hanno combattuto e sono morti, in posti come Concord e Gettysburg; in Normandia e a Khe Sahn.
Questi uomini e donne hanno lottato e si sono sacrificati e hanno lavorato finché le loro mani sono diventate ruvide per permettere a noi di vivere una vita migliore. Hanno visto nell'America qualcosa di più grande che una somma delle nostre ambizioni individuali; più grande di tutte le differenze di nascita, censo o fazione.

Questo è il viaggio che continuiamo oggi. Rimaniamo la nazione più prospera, più potente della Terra. I nostri lavoratori non sono meno produttivi rispetto a quando è cominciata la crisi. Le nostre menti non sono meno inventive, i nostri beni e servizi non meno necessari di quanto lo fossero la settimana scorsa, o il mese scorso o l'anno scorso. Le nostre capacità rimangono inalterate. Ma è di certo passato il tempo dell'immobilismo, della protezione di interessi ristretti e del rinvio di decisioni spiacevoli. A partire da oggi, dobbiamo rialzarci, toglierci di dosso la polvere, e ricominciare il lavoro della ricostruzione dell'America.

Perché ovunque volgiamo lo sguardo, c'è lavoro da fare. Lo stato dell'economia richiede un'azione, forte e rapida, e noi agiremo - non solo per creare nuovi posti di lavoro, ma per gettare le nuova fondamenta della crescita.

Costruiremo le strade e i ponti, le reti elettriche e le linee digitali che alimentano i nostri commerci e ci legano gli uni agli altri. Restituiremo alla scienza il suo giusto posto e maneggeremo le meraviglie della tecnologia in modo da risollevare la qualità dell'assistenza sanitaria e abbassarne i costi.

Imbriglieremo il sole e i venti e il suolo per alimentare le nostre auto e mandare avanti le nostre fabbriche.
E trasformeremo le nostre scuole, i college e le università per venire incontro alle esigenze dei tempi nuovi. Possiamo farcela. E lo faremo.

Ora, ci sono alcuni che contestano le dimensioni delle nostre ambizioni - pensando che il nostro sistema non può tollerare troppi grandi progetti. Costoro hanno corta memoria. Perché dimenticano quel che questo paese ha già fatto. Quel che uomini e donne possono ottenere quando l'immaginazione si unisce alla volontà comune, e la necessità al coraggio.

Quel che i cinici non riescono a capire è che il terreno gli è scivolato sotto i piedi. Gli argomenti politici stantii che ci hanno consumato tanto a lungo non sono più applicabili. La domanda che formuliamo oggi non è se il nostro governo sia troppo grande o troppo piccolo, ma se funzioni o meno - se aiuti le famiglie a trovare un lavoro decentemente pagato, cure accessibili, una pensione degna. Laddove la risposta sia positiva, noi intendiamo andare avanti. Dove sia negativa, metteremo fine a quelle politiche. E coloro che gestiscono i soldi della collettività saranno chiamati a risponderne, affinché spendano in modo saggio, riformino le cattive abitudini, e facciano i loro affari alla luce del sole - perché solo allora potremo restaurare la vitale fiducia tra il popolo e il suo governo.

La questione di fronte a noi non è se il mercato sia una forza del bene o del male. Il suo potere di generare benessere ed espandere la libertà è rimasto intatto. Ma la crisi ci ricorda che senza un occhio rigoroso, il mercato può andare fuori controllo e la nazione non può prosperare a lungo quando il mercato favorisce solo i già ricchi. Il successo della nostra economia è sempre dipeso non solo dalle dimensioni del nostro Pil, ma dall'ampiezza della nostra prosperità, dalla nostra capacità di estendere le opportunità per tutti coloro che abbiano volontà - non per fare beneficenza ma perché è la strada più sicura per il nostro bene comune.

Quanto alla nostra difesa comune, noi respingiamo come falsa la scelta tra sicurezza e ideali. I nostri Padri Fondatori, messi di fronte a pericoli che noi a mala pena riusciamo a immaginare, hanno stilato una carta che garantisca l'autorità della legge e i diritti dell'individuo, una carta che si è espansa con il sangue delle generazioni. Quegli ideali illuminano ancora il mondo, e noi non vi rinunceremo in nome di qualche espediente. E così, per tutti i popoli e i governi che ci guardano oggi, dalle più grandi capitali al piccolo villaggio dove è nato mio padre: sappiate che l'America è amica di ogni nazione e di ogni uomo, donna e bambino che sia alla ricerca di un futuro di pace e dignità, e che noi siamo pronti ad aprire la strada ancora una volta.

Ricordiamoci che le precedenti generazioni hanno sgominato il fascismo e il comunismo non solo con i missili e i carriarmati, ma con alleanze solide e convinzioni tenaci. Hanno capito che il nostro potere da solo non può proteggerci, né ci autorizza a fare come più ci aggrada. Al contrario, sapevano che il nostro potere cresce quanto più lo si usa con prudenza. La nostra sicurezza emana dalla giustezza della nostra causa, dalla forza del nostro esempio, dalle qualità dell'umiltà e del ritegno.

Noi siamo i custodi di questa eredità. Guidati ancora una volta dai principi, possiamo affrontare le nuove minacce che richiederanno sforzi ancora maggiori - una cooperazione e comprensione ancora maggiori tra le nazioni. Cominceremo a lasciare responsabilmente l'Iraq alla sua gente, e a forgiare una pace duramente guadagnata in Afghanistan. Con i vecchi amici e i vecchi nemici, lavoreremo senza sosta per diminuire la minaccia nucleare, e respingere lo spettro di un pianeta che si surriscalda. Non chiederemo scusa per il nostro stile di vita, né ci batteremo in sua difesa. E a coloro che cercano di raggiungere i propri obiettivi creando terrore e massacrando gli innocenti, noi diciamo adesso che il nostro spirito è più forte e non può essere infranto. Voi non ci sopravviverete, e noi vi sconfiggeremo.

Perché noi sappiamo che il nostro retaggio "a patchwork" è una forza e non una debolezza. Noi siamo una nazione di cristiani e musulmani, ebrei e induisti e non credenti. Noi siamo formati da ciascun linguaggio e cultura disegnata in ogni angolo di questa Terra; e poiché abbiamo assaggiato l'amaro sapore della Guerra civile e della segregazione razziale e siamo emersi da quell'oscuro capitolo più forti e più uniti, noi non possiamo far altro che credere che i vecchi odi prima o poi passeranno, che le linee tribali saranno presto dissolte, che se il mondo si è rimpicciolito, la nostra comune umanità dovrà riscoprire se stessa; e che l'America deve giocare il suo ruolo nel far entrare il mondo in una nuova era di pace.

Per il mondo musulmano noi indichiamo una nuova strada, basata sul reciproco interesse e sul mutuo rispetto. A quei leader in giro per il mondo che cercano di fomentare conflitti o scaricano sull'Occidente i mali delle loro società - sappiate che i vostri popoli vi giudicheranno su quello che sapete costruire, non su quello che distruggete. A quelli che arrivano al potere attraverso la corruzione e la disonestà e mettendo a tacere il dissenso, sappiate che siete dalla parte sbagliata della Storia; ma che vi tenderemo la mano se sarete pronti ad aprire il vostro pugno.

Alla gente delle nazioni povere, noi promettiamo di lavorare insieme per far fiorire le vostre campagne e per pulire i vostri corsi d'acqua; per nutrire i corpi e le menti affamate. E a quelle nazioni, come la nostra. che godono di una relativa ricchezza, noi diciamo che non si può più sopportare l'indifferenza verso chi soffre fuori dai nostri confini; né noi possiamo continuare a consumare le risorse del mondo senza considerare gli effetti. Perché il mondo è cambiato e noi dobbiamo cambiare con esso.

Se consideriamo la strada che si apre davanti a noi, noi dobbiamo ricordare con umile gratitudine quegli americani coraggiosi che, proprio in queste ore, controllano lontani deserti e montagne. Essi hanno qualcosa da dirci oggi, proprio come gli eroi caduti che giacciono ad Arlington mormorano attraverso il tempo. Noi li onoriamo non solo perché sono i guardiani della nostra libertà, ma perché essi incarnano lo spirito di servizio: una volontà di trovare significato in qualcosa più grande di loro. In questo momento - un momento che definirà una generazione - è precisamente questo lo spirito che deve abitare in tutti noi.

Per tanto che un governo possa e debba fare, alla fine è sulla fede e la determinazione del popolo americano che questa nazione si fonda. E' la gentilezza nell'accogliere uno straniero quando gli argini si rompono, la generosità dei lavoratori che preferiscono tagliare il proprio orario di lavoro piuttosto che vedere un amico perdere il posto, che ci hanno guidato nei nostri momenti più oscuri. E' il coraggio dei vigili del fuoco nel precipitarsi in una scala invasa dal fumo, ma anche la volontà di un genitore di nutrire il proprio figlio, che alla fine decidono del nostro destino.

Forse le nostre sfide sono nuove. Gli strumenti con cui le affrontiamo forse sono nuovi. Ma i valori da cui dipende il nostro successo - lavoro duro e onestà, coraggio e fair play, tolleranza e curiosità, lealtà e patriottismo - tutto questo è vecchio. Sono cose vere. Sono state la forza tranquilla del progresso nel corso di tutta la nostra storia. Quel che è necessario ora è un ritorno a queste verità. Quel che ci viene chiesto è una nuova era di responsabilità - il riconoscimento, da parte di ogni americano, che abbiamo un dovere verso noi stessi, la nostra nazione, il mondo, doveri che non dobbiamo accettare mugugnando ma abbracciare con gioia, fermi nella consapevolezza che non c'è nulla di più soddisfacente per lo spirito, così importante per la definizione del carattere, che darsi completamente per una causa difficile.

Questo è il prezzo e la promessa della cittadinanza.

Questa è la fonte della nostra fiducia - la consapevolezza che Dio ci ha chiamato a forgiare un destino incerto.

Questo è il significato della nostra libertà e del nostro credo - perché uomini, donne e bambini di ogni razza e di ogni fede possono unirsi nella festa in questo Mall magnifico, e perché un uomo il cui padre meno di sessanta anni fa non avrebbe neanche potuto essere servito in un ristorante ora può trovarsi di fronte a voi per pronunciare il giuramento più sacro di tutti.

Perciò diamo a questa giornata il segno della memoria, di chi siamo e di quanta strada abbiamo fatto. Nell'anno in cui l'America è nata, nel più freddo dei mesi, una piccola banda di patrioti rannicchiati intorno a falò morenti sulle rive di un fiume ghiacciato. La capitale era stata abbandonata. Il nemico avanzava. La neve era macchiata di sangue. Nel momento in cui l'esito della nostra rivoluzione era in dubbio come non mai, il padre della nostra nazione ordinò che si leggessero queste parole al popolo:

"Che si dica al futuro del mondo... che nel profondo dell'inverno, quando possono sopravvivere solo la speranza e la virtù... Che la città e la campagna, allarmate da un pericolo comune, si sono unite per affrontarlo".

America. Di fronte ai nostri pericoli comuni, in questo inverno dei nostri stenti, ricordiamo queste parole senza tempo. Con speranza e virtù, affrontiamo con coraggio le correnti ghiacciate, e sopportiamo quel che le tempeste ci porteranno. Facciamo sì che i figli dei nostri figli dicano che quando siamo stati messi alla prova non abbiamo permesso che questo viaggio finisse, che non abbiamo voltato le spalle e non siamo caduti. E con gli occhi fissi sull'orizzonte e la grazia di Dio su di noi, abbiamo portato avanti il grande dono della libertà e l'abbiamo consegnato intatto alle generazioni future.