lunedì 8 dicembre 2008

Quando muoiono i ricercatori...

Le morti dei giovani ricercatori nel laboratorio di farmacia dell’Università di Catania dovrebbero riempire le prime pagine dei giornali ed aprire tutti i tg nazionali. Ed invece le trovo ovunque come una notizia sì importante ma da mettere sempre dopo la social card, caso Villari, ecc. Eppure è qualcosa che non solo va ad allungare la già lunga lista delle morti bianche, non solo ripropone il tema della smaltimento dai rifiuti tossici e della loro nocività, ma ha in sé la macabra fisionomia della metafora di un’Italia che uccide il suo futuro.

sabato 8 novembre 2008

MESSAGGIO RICEVUTO "DIRETTAMENTE" DA BARACK OBAMA IL 5 NOVEMBRE SU FACEBOOK

I'm about to head to Grant Park to talk to everyone gathered there, but I wanted to write to you first.

We just made history.

And I don't want you to forget how we did it.

You made history every single day during this campaign -- every day you knocked on doors, made a donation, or talked to your family, friends, and neighbors about why you believe it's time for change.

I want to thank all of you who gave your time, talent, and passion to this campaign. We have a lot of work to do to get our country back on track, and I'll be in touch soon about what comes next.

But I want to be very clear about one thing...

All of this happened because of you.

Thank you,

Barack

mercoledì 5 novembre 2008

SU OBAMA E SULL'AMERICA

Una cosa è certa: la vittoria di Obama non dipende tanto dal suo programma, quanto dal messaggio che incarna con la sua stessa persona.
La storia del figlio di un pastore etiope che diventa presidente degli USA ci dice che l’America è molto più complessa di quella che vorrebbero raccontarci i suoi estimatori di destra e i suoi denigratori di una certa sinistra. Innanzitutto, semplificando, esistono due Americhe, una delle paura, dei teodem, dell’orgoglio nazionalistico e religioso a tutti i costi, del razzismo retaggio della schiavitù, del post undici settembre e di Gorge W Bush. E poi un’altra America, quella che in maniera retorica ha voluto essere la terra della speranza, della frontiera che si spinge oltre, della opportunità accessibile non solo a chi era americano, ma anche a chi americano non lo era ancora. L’America prima democrazia del mondo per storia (la sua rivoluzione precede ed ispira quella francese) e per popolazione. Un?America tante volte smentita, altrettante volte resa concreta. E in politica questa America si é incarnata almeno in due presidenti, entrambi democratici: Franklin Delano Roosvelt e J.F. Kennedy. Roosvelt era riuscito a dare speranza ad una nazione nel pieno della più profonde delle crisi economiche (colta l’analogia?). Kennedy era il presidente che diceva ai suoi elettori Non pensate a quello che il Paese può fare per voi ma quello che voi potete fare per il Paese. È la stesa ottica di Obama con il suo Yes We Can. La politica che rovescia la normale ottica del rapporto verticale tra eletto ed elettore, annulla la distanza tra i due poli, derivato dal voto chiesto in cambio della promessa di qualcosa. Ma per una volta è il politico che chiede al cittadino di essere partecipe alla politica, di rendersi attivo nella realizzazione di un progetto, e non solo nel contesto di un sentimento antipolitico contro la casta, come farebbe Beppe Grillo. Ma con un impegno attivo e partecipato, tale che dalla partecipazione politica, dal voto deriva un sentimento di gioia, non astio. Sarà anche retorica, ma quando la politica si sa unire con l’emozione raggiunge le sue vette più alte. Vedere al telegiornale le file di americani intenti di votare, laddove l’astensione era altissima in altre occasioni mi ha riempito di felicità e del ricordo di quando compiuto diciott’anni, l’unica cosa di cui mi importava era poter finalmente votare. Così mi ha fatto piacere vedere McCain e Obama concedersi l’onore delle armi una volta avuto il risultato del voto: Mc Cain ha riconosciuto che il messaggio di speranza lanciato da Obama fosse quello vincente, e Barack ha riconosciuto il valore di un avversario che aveva dato tutto se stesso alla patria prima come soldato poi come politico. Sarebbe concepibile in Italia?
Non ci illudiamo troppo: Obama dovrà continuamente mediare il suo messaggio di speranza con le incombenze della politica reale. I suoi programmi di riforma dovranno confrontarsi con i magri bilanci derivati dalle guerre iniziate da Bush, con in più la crisi economica che incombe. E se riuscirà a compiere il ritiro dalle truppe in Iraq, difficilmente riuscirà a ritirarle dall’Afghanistan, e dovrà confrontarsi con la rinata guerra fredda con la Russia. Fra sei mesi cominceremo a leggere i titoli dei giornali del tipo “E’ finita la luna di miele tra Obama e gli USA”, come un copione già scritto. Ma se nel frattempo riuscirà ad incrinare la dottrina del liberismo puro, del unilateralismo internazionale alla Bush, dello spettro della paura che la destra di ogni parte del mondo ama cavalcare, si può dire che il suo progetto sarà in parte positivamente riuscito. E se la passione politica rimarrà nelle vene di tutta la gente (soprattutto giovani, ispanici, afroamericani) che è riuscito a portare alle urne laddove altri hanno fallito, la promessa di una vera uguaglianza finalmente incarnata in un presidente afroamericano, la visione di un reverendo nero quarant’anni or sono forse sarà realizzata.
I have dream proclamava Martin Luther King. Speriamo che questa volta il sogno non venga ucciso.

sabato 1 novembre 2008

venerdì 31 ottobre 2008

QUESTIONARIO SULLE POLITICHE DELL'ACCOGLIENZA

Venezia e Mestre hanno una storia fatta anche dell’incontro di identità e specificità diverse: la città insulare, attraverso secoli di scambi, flussi e movimenti di persone, tradizioni, culture e merci; la terraferma attraverso la crescita urbana e anagrafica nel corso del novecento, legato soprattutto al richiamo occupazionale dell’area industriale di Porto Marghera.

- Mestre oggi ha una propria identità,maturata negli ultimi decenni; secondo lei è ancora possibile per la città accogliere persone con culture e identità diverse?
Quali sono i problemi che le pare derivino dalla presenza di persone con culture diverse?

La quotidiana cura degli spazi urbani, per consentire una vivibilità della città, il potenziamento dei servizi e del sistema di welfare, una attenta progettazione architettonica, urbanistica e infrastrutturale, possono essere considerate “difese” nei confronti di un dilagante senso di insicurezza e incertezza, connotato spesso con una “paura indefinita”, che sembra caratterizzare anche la nostra città.

- Secondo lei, è vero questo senso di insicurezza e “paura indefinita”?
- Quali sono le cause prioritarie?
Su quali aspetti della città e del vivere in città bisogna primariamente intervenire per contribuire a superare questa percezione di insicurezza e incertezza?

Una città può essere di tutti solo se può essere davvero per tutti, nel rispetto dell’altro, dei diritti e dei doveri di ognuno.
Una città è il risultato di incontri e confronti e quindi essa deve continuare a saper riconoscere, accogliere e valorizzare le diversità che la caratterizzano. Sono quindi necessari gli spazi e gli eventi che possono permettere questi “incontri e confronti”.

Esistono, secondo lei, nella città, spazi ed eventi in grado di costruire occasioni di incontro e crescita, di confronto e di scambio?
Di fronte al fenomeno dell’immigrazione, che ha interessato e interessa anche la nostra comunità, è importante scommettere sulle possibilità di integrazione e inclusione, che passano anche attraverso la conoscenza. In questo contesto la scuola esercita un ruolo fondamentale e la scuola dovrebbe essere intesa come risorsa, dovrebbe stare al centro delle politiche di un paese civile, proprio perché è il luogo della formazione, dove si costruisce il futuro della società.

Alla luce dei tagli decisi dal governo (che hanno come esito la riduzione degli organici nella scuola; la chiusura di scuole in località insulari, di montagna; tagli all’università e alle attività di ricerca), la proposta di istituire classi “differenziali” per gli immigrati, quali pensa possano essere le conseguenzE?

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martedì 7 ottobre 2008

SU MESTRE....(INTERVENTO AL CIRCOLO PD MESTRE CENTRO 2/10/2008)

A volte mi colpisce il fatto che molti trentenni mestrini di oggi definiscano Mestre
una città brutta seppur riconoscendo l’importanza di alcune realtà come il parco s giuliano o come altri rilevanti interventi urbanistici degli ultimi anni.
Forse per queste generazioni possono pesare le tracce vecchie di una Mestre costruita come città dormitorio, proiettata unicamente verso il polo chimico-industriale e verso il centro storico. .
Naturalmente sappiamo che Mestre è molto più di questo.
Ma forse il problema non sta nel fatto che non venga percepito cio’ che di bello c’è a Mestre ma sta nel fatto che negli ultimi anni non viene percepita una visione di insieme che possa relazionare tutti i processi di trasformazione e allo stesso tempo possa marcare una relazione costruttiva con la città insulare.
Se l’idea di una città dormitorio dobbiamo lasciarla ai decenni passati, è chiaro che
l’idea della nuova città deve girare intorno all’idea di quello che è Mestre oggi cioè una città moderna , importante , una delle più grandi e popolose del veneto , al centro delle grandi tratte viarie tra nord e sud, est e ovest, un ponte tra terra e mare. , una città in grado di fornire servizi cultura ecc.
È chiaro che il cittadino per sentire bene sua la città deve poterla vederla e viverla coerentemente con la funzione della città
E se sfide urbanistiche più importanti, si collegano fortemente a questioni come la tutela ambientale , come è stato per il parco san giuliano, che a questioni di tipo sociale come il nuovo ospedale, è chiaro che c’è bisogno di una guida politica.
Qui entra in gioco anche il partito.
Si sente un senso di attesa e distacco nei confronti del neonato
partito. Le aspettative sono alte: lo abbiamo visto dalle affluenze alle primarie e al proficuo tesseramento che abbiamo avuto . Ma c’è nell’aria un po’ di perplessità, forse anche a causa di un periodo di gestazione troppo lungo, o anche dalla
smarrimento successivo alla sconfitta.
In ogni caso se stiamo parlando di un territorio nel pieno di un processo di trasformazione solo un partito che si vuole definire riformista è il più adatto a gestire questi processi.
Se dobbiamo riprendere a discutere di una visione d’insieme è chiaro che due sono le strade :
primo partire dai circoli che rappresentano il primo legame con il territorio e che per forza di cose sono chiamati ad interessarsi a tematiche che vanno oltre quelli che sono solo i confini dei vecchi quartieri, perché ogni ambito che interessa il territorio quasi sempre interessa tutto il territorio comunale
Secondo interfacciarsi con la cittadinanza, non pensare di esaurire l’apertura solo
con le primarie per interagire con i cittadini. Forse questa fase di nascita del partito è stata troppo concentrata sul come cercare una sintesi tra diverse culture politiche. Ma la sintesi era già fuori nelle mille forme di partecipazione associazionistica, nel volontariato . Non sono convinto che sia stato giusto identificare essa come elemento terzo , come società civile, perché altrimenti questo vorrebbe dire che chi viene da una esperienza partitica rappresenti per ossimoro la società incivile. Ma al contrario dobbiamo contaminarci con chi si impegna quotidianamente in progetti, battaglie che non siano inseriti nei consueti canali della politica. Per fare questo dobbiamo stare attenti adesso che abbiamo la struttura organizzativa, anche a livello comunale a non chiuderci in esse, oppure a cedere all’idea salvifica delle primarie. E dobbiamo stare anche attenti ad iniziative troppo autoreferenziali che tanto caratterizzavano i partiti che ci siamo lasciati alle spalle.
La contaminazione avviene nel confronto quotidiano, presidiando le piazze e le strade e parlando alla gente. Tenendo presente che le nuove tecnologie ci pongono di fronte a nuovi tipi di piazze e strade che troppo spesso abbiamo lasciato in mano agli avventurieri della polemica.

sabato 20 settembre 2008

CHE PARTITO....!?

Volevo un partito che non si ponesse tanto il problema di che forma darsi, quanto di cosa occuparsi. Hanno vinto i sostenitori della prima tesi. I più fermi sostenitori si ritrovano ora delusi nello scoprire che certi difetti del passato (e del presente, visto gli altri partiti) ci sono sempre. Ma i partiti in ogni epoca e in ogni parte del mondo tendono e tenderanno sempre a ripercorrere alcuni schemi (es: ci sarà sempre un gruppo dirigente che cercherà di autoriciclarsi, il problema è che cosa gli opponi ). Sono i contenuti ad essere il motore delal politica, e che permettono alle organizzazioni politche di mettersi in discussione. non si deve aver paura delle correnti quando esse sono portatrici di idee diverse. Bisogna aver paura di esse quando sono portatrici di interessi diversi: allora sì, ma chiamiamo il male con il suo nome. Siamo ancora in tempo a fare un partito che sia riformista per stare dalla parte di chi è più svantaggiato e vive in una situazione di disagio in ogni ambito e contesto, e non secondo un paradigma di gruppi sociali, classi, caste. Un partito che interpreti il 21esimo secolo con termini del 21esimo secolo e sappia avere memoria di ciò che è stato, non per inseguire o imitare, ma per ripartire ? secondo me si ...basta non aver paura che un partito sia un partito

sabato 5 luglio 2008

40 giorni

Circa 40 giorni. E' il tempo trascorso dall'ultimo post del compagno democratico. E' inutile nascondersi. Son stato preso anch'io dallo sconforto della sconfitta, sconforto aumentato nel vedere quanto di basso livello sia stata la politica italiana negli ultimi mesi grazie soprattutto alla nuova maggioranza ( ma l'opposizione non è scevra comunque dalle responsabilita'). si visto quello che già si era visto: un presidente del consiglio che usa le leggi per rinviare una determinata serie di processi, una serie nella quela, per fatalità, c'è anche il suo. il sistema giudiziario rischia di esplodere definitivamente, ma cio' nonostante senatori e deputati sono pronti a votare questo emendamento sul pacchtto sicurezza, che con la suiicurezza non c'entra proprio niente.
abbiamo poi il rispolvero dell'impronta digitale. pensavo che , nell'era di CSI, l'impronta digitale appartenesse alla preistoria della criminologia. e invece eccola qua, per schedare i rom, donne e uomini, vecchi e bambini. Ma sono rom, o nomadi? zingari? sinti? rumeni? extracomunitari?Tutto viene mescolato in un calderone mediatico e politico, taNT'è CHE FORSE NON SI SA PIù BENE DI COSA SI PARLA. L'importate è creare la figura dell'altro, del diverso, per creare allarme sociale, per prendere qualche manciata di voti in più. Tanto che si fanno norme pericolose e inutili allo stesso tempo per il fine (quello della sicurezza) che si propongono. l'importante è parlare con la pancIa della gente.
RIAVVICINARSI ALLA GENTE, PARLARE DEI LOR PROBLEMI: è la retorica con cui si è per molto tempo mosso il nascente PD. Con il rischio di perdere la misura. Un sondaggio di u po' di tempo fa diceva che la maggioranza delgi italiani vuole la pena di morte per i reati gravi. per questo motivo bisognerebbe introdurre la pena di morte in Italia? politica esocietà devono saper ascoltare l'un dall'altro e imparare reciprocamente sarebbe un guaio se il rapporto fosse univoco. ora forse c'è la reazione ad un lugo periodo in cui è stata la politica a dettare troppe volte i contenuti alla società, ma stiamo attenti che la soluzione non può essere semplicemente invertire il rapporto.
a proposito di PD, vedo all'orizzonte correnti , congressi, girotondi, manifestazioni in cui da una parte si attacca Berlusconi, dall'altra i leader dell'opposizione. ecco, che ognuno faccia quello che gli pare, ma da uno che la vive dal dentro, dico che non ci sto. non ho nostalgia dei girotondi del 2001, a cuipartecipai e che adesso ritengo un 'esperienza stra superata. Se ci dev'essere una diuscussione duu passato, sul presente e sul futuro del PD lo si faccia dall'interno. Abbiamo faticato tanto per dare delle strutture a questa "entità". usiamole. non diamo all'esterno la classica immagine delal sinistra che si fa male da sola.

mercoledì 28 maggio 2008

SICURI?

La proposta di legge della maggioranza sull'immigrazione clandestina dice molto su quale potrebbe essere una volta per tutte la differenza tra l'idea di sicurezza della destra (o dei conservatori) e quella della sinistra (o dei riformisti). Quella della sinistar potrebbe essere semplicemente rispettare e far rispettare la legge (è chiedere tanto? possiamo oggi dire che i centri sociali okkupati li possiamo lasciare agli anni settanta del secolo scorso?), prevenire o punire il crimine in quanto tale. Quello della destra è invece far rientrare un fenomeno o una condizione sociale (come l'immigrazione clandestina)in una categoria criminale. Magari derubricando altri crimini, come i reati finanziari...

domenica 18 maggio 2008

BELLA O BRUTTA CHE SIA...

In questi giorni di legittime domande di sicurezza e paura immotivata, sconfitte elettorali e sterili polemiche politiche, sirene spianate, demagogia in svendita, spazzatura per le strade e in fiamme, assalti ai campi nomadi, verrebbe la voglia di rinunciare. Forse qualcuno (W?) in questi giorni dovrebbe dire qualcosa di più. E si vorrebbe essere come Scalfari, e vedere tutto con occhio analitico e dare risposte giuste. Lui ce la fa sempre, ma è unico, e noi qui siamo solo blogger e come noi ce ne sono a centinaia di migliaia nella rete, così rimando direttamente al suo articolo su Repubblica, perché è inutile ripetere le cose giuste che lui già scrive. Ma per andare avanti e interessarsi ancora di politica ci vuole altro che serie analisi. Allora in aiuto arrivano due elementi un po’inattesi.
Il primo è la lettura dell’ intervista su Repubblica di oggi a Francesco De Gregori. Ed è piacevole scoprire che un artista che ho tanto amato fin da piccolo la vede come me sulla politica (la destra, la sinistra, Grillo, Veltroni ecc.). Ti viene in mente che forse era già tutto scritto nelle sue canzoni di trent’anni prima, e forse qualcosa di subliminale siano entrate nelle proprie costruzioni mentali fin dalla tenera età, ed è bello pensare che magari alcune scelte siano state fatte proprio a causa delle sua canzoni.
Il secondo elemento deriva da un viaggio durante il quale mi trovavo sull’autostrada Torino Piacenza. Dalle parti di Alessandria potevo vedere in lontananza le sagome delle Alpi ligure unirsi con quello che è l’inizio della catena Appenninica. Per un veneto che in fondo non si è mai spostato molto fa un po’ strano vedere le montagne a sud. Ma in quel momento l’immagine mi suggeriva la promessa di una terra che si spingeva a meridione verso l’Africa, infilandosi tra due mari, incrociando lingue, paesaggi e città diverse, fino ad arrivare alla punta dello stivale, e poi continuare ancora con la Sicilia.
Bella o brutta che sia è (anche) questa la mia terra. E forse vale ancora la pena impegnarsi per Lei.

giovedì 8 maggio 2008

lunedì 5 maggio 2008

SUL VOTO DEI GIOVANI

Un dato che emerge dalle ultime elezioni, soprattutto in veneto è che i giovani hanno scelto di votare per lega. Nella fascia di età che va dai 18 ai 25 anni il voto va preferibilmente alla Lega (due giovani su cinque), a Di Pietro (in misura anche qui importante), a SA e alla Destra di santanchè. Mentre invece evitano UDC, PDL e PD. Insomma i giovani non ne vogliono sapere dei partiti “maggiori”, quelli che esprimono i candidati premier; soprattutto vogliono evitare i partiti che hanno un’immagine che probabilmente dal loro punto di vista risulta “vecchia”. Lo stesso sforzo innovatore del PD non è passato nell’elettorato dei 18enni, forse perché critici verso un gruppo dirigente che non è cambiato di molto nel passaggio dai vecchi partiti fondatori al nuovo. Forse bisognava avere più coraggio nel trovare facce nuove. Il voto alla lega può rientrare nel discorso della “paura”. Ma trovo difficile che le giovani generazioni si siano lasciate influenzare dal clima di “paura”, quando loro più di ogni altro esse dovrebbero essere portatori di una speranza per il futuro. Se questo fosse vero la questione del voto si manifesta in maniera ancor più preoccupante. A mio parere ci sono però anche altri fattori in mezzo. Probabilmente, visto anche il successo di Di Pietro, hanno voluto premiare chi aveva la posizione più chiara, le parole più forti. Chi vota per la prima volta ha bisogno di un messaggio che esterni posizione comprensibili immediatamente, mancando ancora un background politico approfondito di un certo rilievo. Ecco quindi che vengono premiati Lega e Di Pietro, piuttosto che il PD (partito nuovo ancora in formazione), PDL (con un Berlusconi che si presenta per la quinta volta e con minore spinta rispetto le altre), e SA (un’entità politica che soffre anche lei del problema novità, in un limbo ancor più accentuato rispetto al PD essendo nata al ridosso delle elezioni ). Sicuramente ha avuto effetto, su questi elettori nuovi e portati ad usare con dimestichezza i mezzi di comunicazione alternativi) il blogismo alla Grillo, il quale, insieme a Stella, ha avuto il suo ruolo nel far maturare la critica verso la Casta. Ed ecco quindi premiati i partiti più anticasta. C’è da segnalare che nel 2006 i giovani avevano premiato l’Ulivo rispetto ai partiti separati di DS e Margherita. Bisogna sottolineare che all’epoca le giovanili dei partiti erano strutturate e in particolare quella dei DS avevano anni di esperienza alle spalle. La giovanile del PD invece non si è ancora strutturata (oltretutto dopo un lungo periodo periodo in cui si è discusso se ci sarebbe stata una giovanile o meno) e probabilmente anche questo ha risentito sul risultato, nonostante il tanto lavoro fatto negli intensi giorni di campagna elettorale. La prospettiva in futuro è quindi quello di investire il più possibile nella giovanile, come, ma oserei di più, di quanto si è fatto nei partiti originari.

giovedì 17 aprile 2008

DOPO LE VOTAZIONI

Ho aspettato un po' di giorni prima di scrivere le mie considerazioni, per fare in modo che le emozioni lasciassero maggiore spazio all'analisi, così le mie emozioni sono state rappresentate dal bellissimo monologo di Chaplin ne "Il Grande Dittatore".

Sottolineo subito che la campagna elettorale di Veltroni è stata una delle migliori di cui sono stato testimone, sbagliando (quasi) niente. le scelte fatte si possono discutere , ma alla fine erano per lo più inevitabili. va riconosciuto il merito del coraggio e di aver voluto dare una linea nuova alla politica. e ho la netta impressione che il risultato sarebbe stato peggiore con altri candidati. si partiva da una posizione di svantaggio e i punti recuperati sono stati comunque molti
I critici diranno che Veltroni fa politica con le emozioni. Ma per chi interpreta la politca come un'emozione come me , questo è il massimo.


quelle che seguono sono quindi analisi personali, sindacabili, forse ingenue , ma che vogliono essere propositive per il futuro, e non criticare sterilmente il tanto lavoro fatto

Passato lo schock della sconfitta, cominciamo a ragionare sull’esito del voto.
Innanzitutto una precisazione. I sondaggi a ridosso del week end elettorale davano i PD e PDL vicinissimi come voti. Addirittura i primissimi Exit poll davano il PD praticamente come il primo partito. Uno sbaglio così clamoroso dei sondaggisti a mio parere è stato determinato dal fatto che molti elettori di Berlusconi non hanno voluto dichiarare il loro voto….perché si vergognano di votare Berlusconi. Preciso: non dobbiamo pensare a questi elettori come tutti Berlusconiani sfegatati. Probabilmente lo fanno con lo stesso spirito con cui per decenni gli italiani dicevano peste e corna della Democrazia Cristiana e poi puntualmente andavano a votarla.
Il fatto è che Berlusconi non solo interpreta la “ pancia” degli italiani, ma è entrato in quella pancia. È nel subconscio della nostra società. Con questo dobbiamo fare i conti. Possiamo anche regalare sogni, ma se è la pancia ad essere vuota…

Si può dire che il PD, partendo da una situazione difficilissima, pur pagando il deficit d’immagine del Governo prodi, è risuscito nell’impresa di mantenere la posizione del 2006 e di incrementare i voti (in parte sottraendoli alla Sinistra Arcobaleno). Questo però non è bastato a raggiungere lo scopo della parità al Senato, e nemmeno il raggiungimento della “quota psicologica” del 35 per cento. Nessun sfondamento quindi, ma consolidamento del “popolo delle primarie”, e radicamento sull’elettore tipico del PD. Ma chi è questo elettore tipico? È una persona di istruzione medio alta, probabilmente professionista, di ceto medio, vive in città, sa usare i moderni sistemi di comunicazione (internet in primis), gli piace impegnarsi nel sociale: libertà è partecipazione, cantava Gaber, e probabilmente al nostro elettore piace impegnarsi socialmente e politicamente, magari proprio con le primarie del PD. Poi c’è tutto un altro mondo che non rientra in questo idealtipo. Scolarizzazione più bassa, lavoro dipendente soprattutto privato, vive nelle periferie, e tempo per “partecipare” probabilmente non ce l’ha, forse perché lavoro e famiglia non glielo permettono. Non glielo permettono forse soprattutto l’incombenza di arrivare economicamente alla fine del mese. Forse a questo tipo di elettore, che una volta avrebbe votato per PCI o per DC, e che oggi con difficoltà vota per il PD, la promessa dell’eliminazione dell’ICI è una questione veramente importante, non interpretabile solo come l’ennesima trovata demagogica di Berlusconi.

Poi c’è tutto un territorio che è il nord Italia, il lombardo veneto in particolare, in cui il PD si afferma, ma comunque perde. Qui la Lega trionfa. Prende i voti anche dalla Sinistra arcobaleno. Fenomeno interpretabile solo in parte come voto di protesta. In questi territori la Lega ormai da vent’anni è presente con i suoi sindaci. Ormai si è radicato con una rete che mescola società, partito ed istituzioni. Un po’ come nella Romagna rossa. Qui i piccoli e medi imprenditori assumono extracomunitari (se il lavoro è la mola dell’integrazione, il Veneto è in testa), e poi votano politici che vogliono portare i maiali a spasso nelle moschee. Qui non basta parlare di infrastrutture, quando è la paura dei fenomeni glocali, la sensazione di un vuoto di sicurezza, a determinare le scelte politiche. In futuro il PD deve entrare nei territori, mettersi in rete, tentare un approccio culturale-identitario come ha fatto la lega. Lasciando da parte le istigazioni alla paura, ai pregiudizi, ecc ecc…Abbiamo messo un dirigente di Confindustria in lista. È riuscito a portare il PD al 33 per cento nella città di Vicenza ed è un buon risultato. Ma non si è avuto lo stesso effetto trascinante nel resto del territorio . Da noi Confindustria è l’ennesimo potere forte che, con i sindacati e i politici romani , è visto con il fumo negli occhi.
Forse la penetrazione nelle periferie nordestine avrà effetto solo tra una generazione, quando cioè si potrà superare una certa barriera culturale, portando e formando valori che non siano quelli del carroccio, ma è una strada che va iniziata subito. Creare una rete politica di piccoli imprenditori e artigiani potrebbe essere il primo passo.


La Sinistra arcobaleno è la grande sconfitta.
Si prevedeva uno spostamento di voti dalla sinistra verso il PD. (Ma bisogna tenere conto anche del passaggio di voti dagli ex DS verso sinistra con l’uscita della sinistra democratica e con l’estraneità della CGIL dalla nascita del PD). Ma non ci si aspettava un risultato del genere. Quello che perde la Sinistra Arcobaleno non si può spiegare semplicemente con l’erosione operata dal PD. Vi è proprio uno spostamento a destra dei voti. La Sinistra radicale è stata brava a mettersi in rete con associazioni, e ONG in questi anni, ma appoggiare i NO Dal Molin, i No Tav e i No Mose non significa per forza avere i voti dei manifestanti. La contraddizione diessere stata una componente del governo e allo stesso aver voluto mantenere lo spirito da opposizione ha generato un cortocircuito. E così tra i tanti NO non sono riuscite ad emergere le proposte. Parallelamente, nonostante la sua volontà di essere una forza di classe, non rappresenta più la classe operaia, sempre più vicina alla lega o a Berlusconi. Tutto il centro sinistra, come detto sopra, ha perso il rapporto con quello che una volta veniva definito il proletariato. E questo voto va recuperato. Sennò avremo sempre masse di elettori che ci voteranno contro. Bertinotti e Veltroni dovranno in futuro girare di più nelle fabbriche e sentire quanti operai sono pronti a votare Berlusconi se questo toglie l’ICI. Magari rimpiangono “il Bertinotti di una volta”. Ma quale Bertinotti di una volta? Il ricordo mitico di una sinistra lontana è lo spettro più duro che PD e S.A. devono affrontare. Ma la soluzione deve essere trovata. Magari insieme, convergendo anche verso un soggetto unico, nell’ottica di un bipartitismo che gli elettori sembrano volere sempre di più. E scegliendo di stare dalla parte non del mito di un proletariato, che andrebbe alla pari del mito dell’antica sinistra, ma di chi nella società fluida, complessa, glocale di oggi, è più svantaggiato rispetto ad altri, rischia di più a rimanere indietro; una società dove un precario va difeso in maniera diversa rispetto un lavoratore dipendente, e dove un lavoratore di un’azienda privata va difeso in maniera diversa rispetto ad un dipendente pubblico; dove un piccolo imprenditore va aiutato a creare la sua attività con gli strumenti necessari a crescere.
Per costruire una società dove la flessibilità, come adattamento ai processi lavorativi sempre in trasformazione, sia una scelta del lavoratore, non una scelta imposta dal datore di lavoro o dalla società, e una scelta nell’ottica della sicurezza, e non della precarietà.

(ps: su un prossimo post farò qualche altro commento sul voto dei giovani)

martedì 15 aprile 2008

giovedì 10 aprile 2008

SI PUO' FARE....

La campagna elettorale sta per finire. E proprio in chiusura si scorgono tutti i mali del centro destra. Tra la definizione di Mangano come eroe, l’invocazione ad impugnare i fucili padani, il cortese invito al Presidente della Repubblica a dimettersi per fare posto ad un uomo di destra, la “giustificazione” dell’evasione fiscale, l’invenzione di una cordata fantasma che ha fatto fallire il salvataggio di Alitalia, il centro destra italiano dimostra di non essersi evoluto in questi 14 anni, anzi c’è stata una regressione continua verso il populismo e il continuo disinteresse verso le istituzioni democratiche. Oggi come ieri “il leader della coalizione avversaria” si muove spregiudicato verso la terza conquista della poltrona di Presidente del Consiglio. Eppure mai come in questa campagna elettorale il Cavaliere si è sentito in difficoltà. Tallonato su terreni inaspettati da chi per una volta si è dimostrato più dinamico, in opposizione a lui e in opposizione ad un vecchio modo di fare politica. A poche settimane dalle elezioni la distanza tra gli schieramenti si è resa più sottile, segno di una rimonta che scopriremo solo allo spoglio delle urne se sarà stata una rimonta vittoriosa. Questo proprio nel momento in cui oggi più che mai i cittadini chiedono un nuovo modo di fare politica. Il PD ha già cominciato a realizzare una rottura di certi schemi, e ha portato nuove forze e nuove energie ad affacciarsi alla politica. Domenica e lunedì forse ci giochiamo veramente il tutto per tutto, e scopriremo se saremo governati da un esecutivo moderno, concreto, progressista che sappia finalmente portare avanti il nostro Paese, o da chi vede in Mangano un eroe.


domenica 6 aprile 2008

dove sono? da dove vengo? dove andrò?

OK , ci sono cascato anch'io, e ho provato a fare i test sulla collocazione politica che impazzano tanto sull rete. Vi propongo i miei risultati tanto per fare qualche considerazione.
Questo è il test "Voi siete qui", segnalatomi per e-mail, e probabilmente quello più diffuso, almeno in Italia. E' composto da una ventina di frasi di contenuto programmatico-politico con possibilità di indicare il proprio gradimento con 6 risposte:molto, tendenzialmente o normalmente favorevole/sfavorevole.


Elezioni 2008. Io sono qui. E tu dove sei?

Il sito sostiene una non meglio specificata comunità Openpolis (o meglio non sono andato ad approfondire) chiedendo un sostegno finanziario, il che fa un po' sospettare. il risultato mi pone vicinissimo ed equamente distante all'Italia dei Valori e al Partito socialista. risultato un po' strano dato che sono due partiti che non sono mai andati molto d'accordo (visto i trascorsi del vecchio PSI nell'inchiesta mani pulite e il ruolo Di Pietro come giudice nella stessa ) sebbene siano nell'orbita del centro sinistra. E poi non li ho mai considerati partiti a me particolarmente vicini. interessante come PD e sinistra arcobaleno sino a considerevole e pari distanza, subito prima del centro destra . Qualcosa mi puzza...

Poi c'è questo test scaricabile dal sito di repubblica e che è il celeberrimo compasso politico del Washinghton Post. Qui oltre alla distanza vengono iseriti due coordinate :progressisti e conservatori, laici e confessionali. bisognerebbe capire il significato odierno di queste distinzioni. Conservatore è coorporativista? forse manca una terza coordinata.



comunque qui capito in una zona confusa tra Veltroni, Bertinotti Boselli e la tipa di Sinistra Critica! ok mi piace di più come posto, ma non si capisce poi molto...e poi le domande , che hanno lo stesso schema del precedente, riducono le risposte a 5 di cui una è "non so niente del problema" . ma come ?informati , no? e poi come si colloca "uno che non sa"?

il terzo test l'ho fatto su http://www.dimmichiseitidirochivotare.it/ . non vi riporto il grafico perchè per salvarlo bisognava dare la propria mail, ...e sentivo puzza di spam. Il sito non si capisce bene di cosa si occupi, ma a me è apparso uno specchietto per le allodole. In ogni caso è venuto fuori che che sono equamente vicino al PD (finalmente)e all'UDC, nonostante abbia dato risposte tutte "laiche" alle domande su 194, testamento biologico, procreazione assistita! subito dopo viene il PDl seguita dalla destra di Storace e molto molto in fondo la sinistra arcobaleno. Mmmmmh ...gatta ci cova. Gruppi d'interesse o partiti dietro il sito? perchè sarò anche democratico (nel senso di PD, nel senso di Kennedy, nel senso di Obama, ecc ecc) ma pur sempre compagno sono!

mercoledì 2 aprile 2008

domenica 16 marzo 2008

VELTRONI E D'ALEMA A VENEZIA

Walter Veltroni è arrivato a Mestre sabato 8 marzo, con un comizio al teatro Toniolo. Il teatro era pieno, e la folla della gente che è dovuta rimanere fuori per l’esaurimento dei posti era enorme. Purtroppo le incerte condizioni del tempo non hanno permesso di fare l’iniziativa in piazza e all’aperto.
Il candidato premier del PD ha portato tutto il suo bagaglio di speranza, emozione politica, sguardo al futuro, che lo hanno sempre contraddistinto. Ha rimarcato le distanze dalle forze politiche avversarie, che non hanno accettato, o hanno fatto finta di accettare la necessità di un cambiamento nella politica richiesto dagli stessi cittadini . Non ha mai citato Berlusconi direttamente, ma sempre come “il candidato premier della parte a noi avversa”. E giustamente, perché Berlusconi è un personaggio prima di tutto mediatico. E far sparire il suo nome proprio da ogni contesto politico e mediatico, è un modo di offuscare la sua “luce”. Sconfiggerlo sul suo campo è l’unico modo per liberarsi politicamente di lui, laddove 14 anni di strategie alternative hanno sempre fallito.
Massimo D’Alema è invece arrivato a Venezia domenica 9 marzo. In un dibattito allo IUAV ha fatto un bilancio sul governo passato e sulla sua attività al ministero degli Esteri. Ma soprattutto, ha esposto un bilancio personale sugli ultimi anni di vita politica e sulla necessità di approdare al PD. Laddove Veltroni dava emozione politica, D’Alema ha fornito un esemplare modello di razionalità politica, condita al punto giusto di una buona dose d’ironia. Personalmente mi ha colpito quando ha ammesso il suo sbaglio strategico di dieci anni prima quando si oppose a Veltroni e Prodi nel creare il partito unico dell’Ulivo. Posizione su cui più recentemente si è ricreduto, appoggiando il progetto del Partito democratico. Non capita spesso di sentire politici professionisti ammettere i propri sbagli. Soprattutto non mi aspettavo di sentirlo dal “Leader maximo”. All’epoca ritenevo che D’Alema avesse ragione. E lo ritengo ancora. Semplicemente i tempi non erano abbastanza maturi. Questo continuo alternarsi tra spinte in avanti e brusche fermate, hanno indebolito il centro sinistra in tutti questi anni, quando invece una più saggia strategia graduale d’integrazione ci avrebbe portato probabilmente nel 2001 a vincere, oppure ad avere una maggioranza più netta nel 2006.

domenica 2 marzo 2008

PRIMARIE E CAMPAGNA ELETTORALE

I risultati delle primarie nelle provincia di Venezia del 10 febbraio ci dicono che molti giovani sono riusciti ad affermarsi. In particolar modo nelle liste per il provinciale sono riusciti a passare l'80% dei candidati al di sotto dei 35 anni. Buoni risultati anche a livello comunale e di circoli. Per quanto mi riguarda l'ho "spuntata" sul circolo di Mestre centro, e ringrazio quanti mi hanno sostenuto su una zona sulle carte data per "difficile".
Ma non bbiamo fatto in tempo a scrutinare i voti delle primarie che ci siamo già ritrovati in piena campagna elettorale, con cartelloni che si prestano facilmente a "ritocchi" (andate a guardare qui) e una schieramento di partiti assolutamente inedito! Tanto che molto facilmente non ne uscirà una maggioranza chiara. Speriamo almeno che vari cespugli possno finalmente essere potati, e che venga premiata la novità portata dal PD e dalla Sinistra Arcobaleno (il PDL mi sembra solo un restiling col botulino). Ma è palese soprattutto la necessità di riforme, in particolar modo quella elettorale, che permettano una fruttuosa governabilità del Paese, obiettivo di fronte al quale solo il PD sembra intenzionato a portare fino in fondo. ma attento Veltroni al percorso elettorale che stai compiendo: il coraggio del correre da soli va premiato ma non sottolineare troppo l'alternatività delle forze a sinistra, perchè dopo ci sarà un rapporto da ricostruire. E questo discorso vale anche per la Sinistra arcobaleno

martedì 26 febbraio 2008

ECCO IL PROGRAMMA

Cliccando qui trovate il programma elettorale del PD. Un programma sicuramente più snello rispetto a quello presentato dall'Unione nel 2006. La semplicità della struttura aiuterà a convincere più lettori? speriamo di si. Del resto è inutile scrivere dei bei contenuti se poi non li legge nessuno. Pure i post di questo blog sono giudicati troppo lunghi! ;-)

venerdì 15 febbraio 2008

194

Può succedere a volte che un Paese possa regredire, invece che progredire. ah, è vero. In Italia questo capita anche spesso. ma quello che sta avvenendo con l'attacco politico-mediatico alla 194 fa rabbrividire. Sembra che ogni conquista politica e sociale, anche quelle ottenute con più fatica, ma , proprio per questo, con più consapevolezza, possano essere messe in discussione di fronte a dei precetti non ben chiari; ...sicuramente precetti riguardanti la sfera della fede, ma ancora una volta non si capisce perchè questa sfera non possa interessare semplicemente il singolo individuo, che su quella fede elabora le sue scelte, invece che essere imposta come fondamento sociale (e quindi politico) per tutti.
Non si può proporre una moratoria sull'aborto in analogia con un moratoria sulla pena di morte, perchè è semplicemente un paragone eticamente inaccettabile. Eticamente nel senso più ampio, laico e politico. E non quello, inevitabilmente più ristretto, di un' Etica religiosa, per quanto possano essere "universali" i suoi messaggi. E soprattutto non si possono fare campagne elettorali sul dolore. Campagne elettorali basate più sul cinismo che su un agire politico basato su un sincero credo religioso.

Poi viene la Chiesa come istituzione, che attacca ma poi si ritrae ; fa l'imparziale e poi tende la mano ad alcuni esponenti politici; si dichiara guida morale, ma le uscite sulla 194 non hanno fatto altro che sollevare la tensione sul tema . E ad Essa non verrà riconosciuta responsabilità, altrimenti scatterebbe la denuncia di "persecuzione della Chiesa cattolica".

Mischiare i temi potrebbe sembrare irrispettoso, ma vi è un' analogia di tutto questo con le polemiche sulla scena di sesso del film Caos Calmo, con Nanni Moretti e Isabella Ferrari. La CEI ha chiesto agli attori di fare obiezione di coscienza, in quanto scene del genere possano creare sconvolgimenti nelle persone e nella società. E allora, un attore che inscena un omicidio dovrebbe costituirsi?
In tutto questo sembra prefigurarsi il timore del corpo, della carne, della propria fisicità. Ma se è proprio (anche ) il nostro corpo a tenerci in vita, non è forse proprio questo il vero rifiuto della vita?

giovedì 7 febbraio 2008

PRIMARIE ALLE PORTE

Ciao a tutti,
ormai sembra che le elezioni politche siano una realtà prossima. e ancora una volta Silvio Berlusconi si presenterà alla guida del centro destra. e i sondaggi gli stanno dando ragione.
I limiti del centro sinistra sono palesi. divisioni, incapacità comunicativa, gruppi dirigenti nazionali che si riciclano da decenni. L'ondata del centro destra può essere affrontata solo manifestando un incremento della partecipazione politica da parte dei cittadini, e dando impulso alle nuove forze.
Domenica dieci febbraio in tutta la provincia di venezia ci saranno le elezioni primarie per gli organismi locali del PD . E in tutto il territorio c'è una serie di candidati giovani pronti a farsi avanti. non penso che la gente debba andare a votare alle primarie per dare un sostegno a politici nazionali da cui molte, forse troppe volte sentono la mancanza, ma per dare finalmente un segnale di cambiamento da una parte, e dall'altra un segnale del desiderio di essere ascoltati .
Sono disponibile ad indicare, a chi lo desidera, luoghi e modalità di voto nelle diverse zone.

lunedì 4 febbraio 2008

sabato 2 febbraio 2008

DI NUOVO SILVIO?

Dall'incontro con le parti sociali del presidente del Senato Marini svoltosi oggi sabato 2/2/2008 di mattina, emerge la sensazione che le elezioni politiche siano sempre più vicine. e le previsioni danno per svantaggiato il centro sinistra . Se in questa situazione è giusto riconoscere anche gli sbagli della maggioranza al governo, è triste vedere ancora una grossa fetta degli italiani affidarsi ad un affarista che ha fatto della politica una scapatoia per la sua azienda in crisi, mischiare il Dio Pò con i valori cristiani, sommergere giornali e televisioni di suoi uomini, sempre pronti a scovare ogni sbaglio nella compagine prodiana ma ben attenti a non rivelare le magagne del loro editore. ma essere solo anti berlusconiani non serve nulla. la colpa più grande di berlusconi non è quella di essere berlusconi , ma quella di non aver fatto nulla per questo paese. Berlusconi è stato cinque anni con una maggioranza stabile al governo. in qualsiasi altro paese un premier, se bravo nelle stesse condizioni avrebbe fatto marciare il paese in avanti, anche a prescindere dal colore. lui invece l'ha lasciato lì, a stagnare, se non addirittura a tornare indietro , ad arrovelarsi nei suoi ritardi storici, nelle sue mediocre furbizie, nel sopravvivvere giorno per giorno violando le regole comuni , del comune vivere. un po' come il presidente del consiglio alla guida per cinque anni. "la libertà è fare tutti un po' quel cazzo che ci pare". personalmente io ho un'idea di italia diversa; e di europa; e di mondo, perchè sono anche stanco di pensare sempre a noi contrapposti a qualcun altro. Berlusconi presto tornerà al potere. probabilmente perchè qualcuno se lo merita. chi non se lo merita forse migliorerà questo mondo

venerdì 1 febbraio 2008

Sono candidato alle primarie- Circolo di Mestre

Sono ufficialmente candidato alle primarie del Circolo di Mestre Centro- quartiere San Lorenzo. Una zona difficile, storicamente la più "destra" di Mestre. E oltretutto non densamente abitata come altre zone della città. Una sfida e un impegno. Confido comunque in una nuova risposta positiva dei cittadini nei confronti di questa forma di partecipazione politica.
Le primarie " locali" si svolgeranno domenica 10 febbraio.
Ogni elettore dovrà recarsi al seggio in cui ha votato il 14 Ottobre e, solo per quanto riguarda il Circolo, potrà votare unicamente i candidati che si presentano per il Circolo di quel Territorio..
Nel caso di Mestre Centro il seggio si trova nell'Emeroteca in Piazza Ferretto
Le schede sono tre: GIALLA per il Circolo (la scheda che mi riguarda), AZZURRA per il Comitato Comunale e VERDE per il Comitato Provinciale; su ogni scheda bisogna indicare un’unica preferenza.
Vi sarà un'assemblea di "apertura" alle 10. Poi le votazioni inizieranno alle 11 e proseguiranno fino alle 19.

domenica 27 gennaio 2008

DOPO IL DILUVIO....

E' caduto il governo Prodi. La spallata alla fine c'è stata. Un film già visto. UN film già anticipato. Cosa ricorderemo di questo governo? Le cose buone? perchè cose buone ci sono state. L'inizio del processo di liberalizzazioni del Ministro Bersani (osteggiato dalle corporazioni), una legge sul Welfare che ha finalmente diluito il mega scalone pensionistico previsto dal Governo Berlusconi, e che allo stesso tempo mira parzialmente a risolvere il rischio di uno scontro genrazionale sulla previdenza; un'ultima finnziaria che riportava finalmente dei contenuti sociali (una per tutti la possibilità fattibile di recuperare come contributi pensionistici gli anni dell'università); aver ridato una ricomposizione al bilancio, aver recuperato una buona parte dell'evasione fiscale, ecc....Ma tanti programmi non sono riusciti a raggiungere l'arrivo: la legge sulle telecomunicazioni, la riforma elettorale, la legge sui pacs-dico, le riforme costituzionali, ecc... a questo si aggiunge strategie sbagliate e comunicazione fallimentare, e presto si capisce perchè gli italiani si ricorderanno soprattutto l'indulto, un rapporto conflittuale con la magistratura, il connubio non compiuto tra etica e politica. Guarda caso tre fattori che possono trovare il minimo comune denominatore in Clemente Mastella. Ma le colpe saranno accreditate a tutto il centro sinistra. Come uscitre da questa crisi? Portando a termine i due processi iniziati in quel che resta dell'Unone: il Partito Democratico e Sinistra Europea/Sinistra Arcobaleno, due movimenti che si sono spinti nel ricomporre l'assetto polipartitico, nel cercare formule nuove (le primarie, rapporto con le associazioni). Se i propositi con cui sono nati questi processi verranno portati fino in fondo, e, soprattutto, verranno messe in campo forze nuove, riusciremo ad uscire da questa crisi. Altrimenti prepariamoci a decenni sotto il giogo della destra più improponibile del mondo.

mercoledì 23 gennaio 2008

SU CRISI E POST CRISI....

Si potrebbe parlare della cronaca di una morte annunciata. Ma era stata talmente tante volte annunciata che ormai quasi ci si era abituati a cavarsela sempre per il rotto della cuffia. Questa volta invece sembra che non sarà possibile (nel momento in cui scrivo non c'è stato ancora il voto al senato). Le linee di frattura tra spirito laicista e "sensibilità" religiosa, tra etica e gestione della cosa pubblica, tra giustizia e politica, tra riformisti e movimentisti (tutte fratture presenti non tra due coalizioni ma all'interno della stessa alleanza di governo), sono arrivate al punto di non ritorno.Almeno fino a quando il centro sinistra non si presenterà di nuovo alle elezioni mettendo insieme tutte le forze che abbiano il minimo comune denominatore di essere tutte contro Berlusconi, senza aver risolto le sue contrddizioni, e magari con una "porcata" di legge elettorale come quella attuale. Perchè il fatto grave è che siamo dentro una crisi di governo senza essere arrivati ad una nuova legge elettorale che garantisca maggioranze sicure e coese nel nome del bipolarismo (o bipartitismo? perchè no?). Sarebbe auspicabile a questo punto un governo di transizione che ci permetta di arrivare alle prossime elezioni con un riforma elettorale compiuta insime ad altre strettamente essenziali. Naturalmente con un rischio: che dall'esperienza "allargata" del governo transitorio tramonti definitivamente l'idea di due coalizioni contrapposte, di destra e di sinistra, e si ritorni al vecchio, infrangibile sistema centrista. Non è questo l'obiettivo per cui era nato il PD. E in questo frangente è opportuno che chi ha creduto nel progetto fondativo di questo partito stia all'erta

venerdì 18 gennaio 2008

giovedì 17 gennaio 2008

SUL PAPA ALLA SAPIENZA

Cosa si può dire dopo i fatti de La Sapienza?
Ho i miei dubbi che finalmente si sia stabilito un confine tra politica e religione. Non era la prima volta che un pontefice veniva invitato in un’università e non sarà l’ultima. Più che altro già mi vedo chi si lamenterà della persecuzione, di cui soffre il mondo ecclesiastico negli ultimi anni, avere ancora più spazio mediatico. Chi ha scatenato “la rivolta” invece si glorierà di aver vinto la battaglia, anche se la questione stato/chiesa è ben al di là dall’essere risolta. Il rischio in Italia, in questo campo come in altri, è che ogni contraddizione, qualsiasi questione culturale, politica, sociale che veda due fronti opposti si risolva in un conflitto armato tra sordi. Il confronto, la sana disputa razionale (anche quando può essere accompagnata da una sana dose di passione) sembrano essere spariti in questo Paese, forse a causa dei 14 anni passati con il bipolarismo politico della Seconda Repubblica, fondata sullo scontro ideologico tra due schieramenti partitici quasi privi ormai di ogni struttura ideologica alla loro base.
Fossero solo le ideologie a mancare, ma qui ad essere in crisi sono anche gli ideali, e se a questo si aggiunge la scarsa fiducia nelle istituzioni., il triste quadro di questi anni si rende più evidente. Forse è proprio in questa situazione di crisi di ideali e istituzionale, che, come scrive Ezio Mauro, sulle pagine di Repubblica, che le istituzioni ecclesiastiche cercano sempre di più di imporsi come guida etica anche di chi non è credente, o di chi, credente, vuole distinguersi su alcune posizioni chiavi della Chiesa; una guida compiuta influenzando o cercando di influenzare, le scelte politiche dei governi. Un’influenza che porta a sua volta però un’ulteriore crisi politica e istituzionale
Ma il tentativo della Chiesa non può essere affrontato opponendo ad essa l’anticlericalismo fine a se stesso. La soluzione sta ancora nel confronto aperto e schietto non tra categorie, ma tra individui con tutti i loro ideali e le loro ragioni, per poter capire alla fine quali possono essere le soluzioni più ideali e più razionali dei problemi sociali ed etici.
Per quanto riguarda la sua parte, il Partito Democratico rischia ancora di essere incatenato a contrapposizioni sorde come quella su citata. La contrapposizione Ex Democristiani ed Ex Comunisti..la contrapposizione ex provenienti dai partiti ed ex provenienti dalla società civile..ecc...
Tutto ciò rischia di minare il processo, se non si vuole essere capaci di contaminarsi l’un con l’altro. Un principio che vale per il Partito Democratico, e per la società in generale, e ancor di più alla presenza fenomeni migratori che magari alla questione Stato / Chiesa Cattolica hanno una terza posizione da aggiungere.
Chiudo con una considerazione sull’assemblea dei costituenti veneziani svoltasi sabato 12 gennaio a Favaro e sull’ordine del giorno sulla 194 e sulla moratoria sull’aborto lì presentato, considerazione che spero non crei dissapori trattandosi di un tema così delicato. La presentazione dell’ordine del giorno, un testo che sinceramente condivido, ha portato ad un duro scontro nell’assemblea. Il mio timore come osservatore esterno in quel momento, è rischiare di veder ripetersi in futuro quello che nei DS ho già conosciuto: l’instaurarsi di minoranze e maggioranze in grado di non parlarsi tra di loro, cristallizzate e fini a se stesse.
Che Ferrara cercasse, più che la moratoria in sé, di mettere l’ennesimo seme della discordia dentro il corpo del nuovo partito? In ogni caso cerco disperatamente qualcuno che mEtta finalmente discordia nel corpo di Ferrara (e come direbbe Benigni spazio ce n’è!).

domenica 13 gennaio 2008

Poche modeste riflessioni sul tesseramento nel PD...

Il Partito Democratico deve garantire il ricambio generazionale e la pari opportunità tra i generi, deve sapere aprirsi alla cittadinanza attraverso le primarie per l’elezione del segretario nazionale e delle liste dei candidati alle elezioni politiche ed amministrative. Deve anche farsi carico delle istanze dei cittadini, come dovrebbe essere per definizione un partito popolare, e come da alcuni anni non sono riusciti a fare i partiti in Italia dalla fine della “prima” Repubblica. Deve sapere anche costruire un dialogo costruttivo con il mondo associazionistico, che soprattutto negli ultimi anni è stato la principale fonte di partecipazione “politica” dei cittadini. Deve essere in grado a prendere le decisioni sul territorio e il più vicino possibile ai cittadini, conformemente a principi di tipo federativo e di sussidiarietà.
In questo senso il PD, grazie alla trasparenza e alla democraticità delle sue scelte, potrà essere inteso come partito fluido. Ma perché il PD non diventi partito organizzato in comitati elettorali, perché la partecipazione non si riduca alla convocazione delle primarie e al sostegno del candidato di turno nelle campagne elettorali, c’è bisogno di un vero tesseramento. Da esso non si può prescindere se si vuole garantire un’effettiva partecipazione dal basso. Esso è necessario per dare corpo al popolo delle primarie, ai sostenitori del Partito Democratico. E’ opportuno costruire un senso di appartenenza a questo partito tale da garantirgli la solidità di cui ha bisogno. Non si può limitare la partecipazione solo al voto delle primarie, ma deve strutturarsi nella partecipazione ad iniziative a discussioni, a partire dal livello locale fino a quello nazionale, che renda partecipi tutti quelli che vogliono sentirsi parte di questo progetto. Non solo gli eletti e i delegati. Il sistema attuale può essere utile in questo momento primigenio di fondazione. Ma subito dopo si deve avviare una nuova fase.
Purtroppo le notizie sul possibile tesseramento nel PD sono ancora incerte, forse determinate dal fatto che fino a quando le versioni definitive della Carta Dei Valori, del Manifesto e dello Statuto è impossibile avviarlo, ma ci deve essere la chiara volontà che esso diventi realtà non appena le relativi commissioni abbiano finito il loro lavoro.

martedì 8 gennaio 2008

IN RICORDO DI BIAGI

(articolo pubblicato su www.lavocetta.it numero dicembre 2007)

Riconosco le mie colpe. Nel fatidico anno 1994, quando in Italia tutto doveva essere o bianco o nero, lo stile giornalistico di Biagi, così apparentemente freddo e scientifico, non mi piaceva più di tanto. Preferivo lo stile più aggressivo dei giornalisti emergenti degli anni novanta, figli più del ’68 che della Liberazione. Uno stile più infuocato, più partecipato e “di parte”. Stava invece per nascere quel giornalismo rissoso, che tendeva a mettere i politici l’uno di fronte all’altro, ma non di fronte ad un giornalista in grado di fare un’intervista seria, un’inchiesta, di studiare e fare emergere la verità chiaramente in modo di farla capire anche al meno istruito dei lettori o dei telespettatori. Ecco, gli anni mi hanno fatto capire quale era il valore di Enzo Biagi. E soprattutto lo capii dopo l’editto bulgaro. L’epurazione operato dell’allora (era il 2002) Presidente del Consiglio di una serie di giornalisti e autori televisivi (tra cui Biagi) aveva creato un più che legittimo coro di proteste che infiammò gli animi di molti cittadini. E naturalmente aveva infiammato gli animi degli epurati, che si videro costretti riciclarsi con altri mezzi (per alcuni il Parlamento Europeo) per far sentire le loro grida di protesta. Ma il grido più forte era il silenzio in cui si era ritirato Biagi. A posteriori, sembrava che la sua assenza e la discrezione con cui affrontò l’esilio mediatico simboleggiasse il ritiro della civiltà in un periodo (finito? Non penso) di sostanziale inciviltà. E allora capisco cosa dovesse aver tanto disturbato nel suo stile apparentemente freddo. Era la tensione di far vedere la realtà così com’era, di porgertela senza ammantarla di ideologia, ma sapendola interpretare in base ai propri valori ed esperienza. Una bomba esplosiva in tempi di nani e ballerine e cacofonia di urla magari intervallate dal suono dei campanelli alle porte (apri la porta…ok…entra l’ospite…ok….vai con la musica di Via col vento). E quando Fazio lo riportò in tv ormai eravamo già in fase nostalgia tipicamente faziana, il ricordo di qualcosa passato e che forse non tornerà più. E invece il ritorno ufficiale ci fu: con RT, il nuovo rotocalco che riusciva a condurre e a dirigere nonostante la fatica e il logoramento fisico derivati dal forzato allontanamento dal suo lavoro. La sua prima intervista al giovane autore di Gomorra, Roberto Saviano, un giornalista che ha messo a repentaglio la sua vita per fare un’inchiesta sulla criminalità organizzata. Nella triste mania di trovare eredi alle persone scomparse, forse la palma andrebbe data a quest’ultimo. Molto di più dei tanti coccodrillisti che abbiamo letto in questi giorni, che, a differenza di Biagi, hanno saggiamente aspettato che cambiasse il governo per scovare finalmente i malanni della classe politica italiana.

INTERVENTO CONGRESSO PROVINCIALE DEI DS DI VENEZIA 2007

Molti di noi mesi fa hanno manifestato perplessità su come è iniziata la discussione sul PD all’interno dei Democratici di Sinistra, ma alla fine abbiamo preso una decisione, e penso che non fosse opportuno ritrovarsi fra 5 anni a ridiscutere sulle stesse questioni, magari dividendosi di nuovo, tra chi è favorevole al PD, chi è contrario e chi vuole rimandare la decisione a 5 anni dopo. E abbiamo dovuto prendere questa decisione perché è stato il momento storico e politico ad imporcelo. E noi siamo già in ritardo.
Vi sono dei cambiamenti epocali: il sistema degli Stati nazionali cede il passo a movimenti internazionalistici e sopranazionali, globalizzazione e integrazione europea per citarne due; da un sistema economico fordista passiamo ad uno post-fordista e alla new economy.
Ne deriva che la società è cambiata in questi anni, ma ci troviamo di fronte comunque a divisioni, fratture tra chi ha più e meno diritti, tra chi ha più o meno privilegi; ma queste fratture non si registrano solo tra due classi sociali. Queste fratture le troviamo diffuse su tutta la moderna società fluida di oggi.
Bisognerebbe ridefinire lo stesso significato di classi sociali e di rappresentatività politica dei partiti nei confronti di essa. Infatti se si ragiona sulla possibilità di creare o meno un nuovo partito democratico bisogna partire dall’analisi della contemporaneità.
Ora di fronte a questo problema si pone la questione se noi, donne e uomini di sinistra, oggi riusciamo a pensare ad una sinistra che non solo parta, ma vada oltre le scuole politiche del ‘800 e del ‘900.
Lo diceva anche Bobbio nel ’92: la differenza tra sinistra e destra dovrebbe essere quella tra riformisti e conservatori. Ma quale riformismo?
Un riformismo che non deve essere solo di carattere economico (lavoro e welfare in primis) ma anche sociale e culturale. Insomma non si può avere un’economia e un mondo del lavoro con garanzie per tutti se contemporaneamente non si costruisce una società culturalmente flessibile ai cambiamenti, alle nuove esigenze, alla realizzazione di ogni singolo individuo. Esistono nuovi diritti (civili, politici, sociali) che si affacciano in questo nuovo millennio, la necessità dei quali si fa ogni giorno più urgente.
Diritti che possono comportare anche la rottura di steccati ideologici. I DICO possono essere uno dei primi passi verso questo processo, su un tema che fino a qualche anno fa sarebbe stato difficile far discutere anche nel nostro partito.
Deve essere precisa la vocazione che il nuovo partito deve avere chiara nel suo programma: il cambiamento della società. La sua aspirazione deve essere quelle di togliere privilegi e ridistribuire risorse, deve richiamare l’idea di solidarietà, di giustizia sociale, di libera espressione di intelletti, culture e arti.
Quindi non basta sommare le classi dirigenti e nemmeno sommare le culture, socialista e cattolica: dobbiamo creare qualcosa che vada oltre.

Certo non sarà facile costruire un partito con certi settori della Margherita, ma se è il riformismo che vogliamo fare dobbiamo capire che dobbiamo costruirlo con chi lo vuole fare.
Per quanto riguarda la differenza tra la nostra cultura e quella cattolica, guardo i movimenti che in questi anni hanno portato avanti la contestazione alle storture dalle globalizzazione. Esclusi i gruppi più estremisti, la maggior parte di queste associazioni, rete Lilliput in primis, aveva una forte componente sociale al loro interno di derivazione cattolica, e ciò nonostante di sinistra, e in grado di portare avanti un forte movimento di contestazione allo status quo. Alex Zanotelli in primis, è l’emblema di come questi movimenti nascano spesso dalla sintesi dei movimenti pacifisti, ecologisti di sinistra, e dai movimenti solidaristici cattolici.
Il PD dovrà saper interagire con essi. Troppo spesso questi movimenti sono stati ricondotti tutti ad una matrice di estremismo di sinistra, caratteristica appartenente solo ad alcune delle loro espressioni. In realtà la loro esperienza e molto più ampia e variegata di quanto un’analisi superficiale possa far sembrare. Nelle loro migliori espressioni esse mostrano una forte spinta progressista che un partito che vuole chiamarsi riformista non può ignorare. Chiaro che il compito di questo nuovo Partito dovrebbe essere riuscire a tradurre su piano concreto e fattibile la spinta idealistica di queste forze.

Ora che la strada verso il PD è stata presa, devono giocare un ruolo fondamentale le Unità di Base, i luoghi in cui da sempre si è organizzata la vita politica di tutti gli iscritti. La sezione territoriale rappresenta per qualsiasi membro dei Democratici di Sinistra il luogo del partito di maggiore legame affettivo, a prescindere dal suo percorso politico. Senza Unità di Base non ci sarebbe il Partito, non ci sarebbero stati i Democratici di Sinistra. Senza di esse non ci sarà il PD. Esse sono il maggiore punto di legame con la società, con i cittadini. Per questo l’esigenza di guardare avanti, di saper dare una risposta alla nuova domanda di partecipazione dei cittadini, come intende fare il Partito Democratico, deve essere accompagnata dal riconoscimento del ruolo di queste sezioni.
Il percorso verso il PD comporta anche un rinnovamento e l’investimento sulla costruzione di una nuova e giovane classe dirigente. Vorrei ricordare l’esperienza di alcuni giovani compagni del nostro Partito con i giovani della Margherita alle scorse elezioni politiche, e la fruttuosa collaborazione che ne è nata.
Per cui chiedo al Partito di avere la forza di non lasciarsi indietro il valore del nostro passato, e nemmeno il valore del nostro futuro.

GLI ITALIANI E LA SOCIALIZZAZIONE ALLA POLITICA

(questo articolo è stato pubblicato sul sito della Sinistra Giovanile di VEnezia nel 2006. Per quanto datato l'ho voluto recuperare, considerando alcune parti ancora attuali, anche in considerazione della nascita del PD, sia per ricordare che alcuni sbagli non sono stati ancora risolti)

La cosa più preoccupante della tornata elettorale del 2006, a mio avviso, è il dato statisticamente impossibile di una nazione che si è divisa perfettamente a metà.
Sembra quasi che gli italiani non siano in grado di avere una vera coscienza di popolo, un’idea razionalmente collettiva che alla fine permetta loro di decidere se un governo meriti o meno di esse confermato. Zapatero può governare la Spagna non tanto per merito di un suo programma, quanto per il giudizio collettivo di bocciatura per la condotta del premier Aznar nei confronti degli attentati di Madrid.
Sembra invece che in Italia la gente sia diventata talmente apolitica da non riuscire ad essere in grado di dare segnali a tutta la classe dirigente (congelata da settimane sulla questione chi ha veramente vinto, chi ha veramente perso), nemmeno attraverso lo strumento del voto. Una stanchezza politica da parte dei cittadini che si può rivelare estremamente pericolosa sia per l’apparato istituzionale che per il vivere civile e sociale.
Questo magma elettorale che vede due masse perfettamente identiche nei numeri forse nasce dal fatto che in fondo non siamo mai stati socializzati veramente alla politica dei contenuti. Per 50 anni il binomio Comunisti e Cristiani ha nei fatti diviso gli elettori in due fazioni fortemente caricate dal punto di visto ideologico, ognuna destinato a ricoprire ruoli fissati: uno al governo, l’altra all’opposizione. Non abbiamo fatto in tempo ad uscire da questo stallo con il terremoto del crollo del Muro di Berlino e con tangentopoli, che, come un cometa, ci è piombato il Cavalier Berlusconi, con tutta la sua potenza mediatica ed economica. Da quel momento siamo quindi ripiombati in una nuova divisione tra fazioni: l’anti-politica berlusconiana a destra e l’anti-berlusconismo a sinistra. Con tutte le chance in più che lascio per la sinistra, devo dire che entrambe le fazioni da ormai dodici anni hanno mancato l’obiettivo di sviluppare un proprio bagaglio di contenuti politici con cui radicare una propria identità. Si sono il più delle volte barcamenati con le istanze imposte dall’agenda politica del momento, dalle emergenze, dalla triste faciloneria demagogica, per il resto schiacciati dall’abbagliante e incredibile conflitto d’interessi economico-politico-giudiziario di Silvio Berlusconi, il vero e unico tema portante di tutti i giorni dell’anno, da ormai più di una decina d’anni.
Si è quindi mancato l’occasione di una vera socializzazione alla politica degli italiani, un’occasione che bisognava giocarsi all’inizio degli anni novanta ma che l’intervento in campo del Cavaliere ha fatto (incredibilmente?) saltare.
Erano queste le elezioni giuste per ricuperare i contenuti nella politica?
Secondo l’impostazione di Prodi sì.
Non si spiegherebbe altrimenti l’attenzione dedicata ad un lungo programma di 280 pagine. Un programma difficilmente leggibile nella sua interezza dalla maggior parte dei lettori; un programma che è il risultato della difficile mediazione tra tutte le anime dell’Unione. Ma nonostante queste difficoltà il messaggio era chiaro: serietà, competenza, nessuna faciloneria demagogica. Possibile che una sbagliata comunicazione sul problema tasse e l’ennesima promessa vuota di Berlusconi (mai più ICI) siano stati quasi sufficienti per ribaltare una vittoria quasi annunciata?
Prodi ha avuto il merito di dire durante al campagna elettorale che gli italiani stanno male, che gli italiani sono stanchi, quando le forze del governo con il loro potenziale mediatico hanno continuato a dire che andava tutto bene, e se c’erano problemi era tutta colpa delle coop rosse, dei cinesi e degli extracomunitari. Ma il problema è che il centro sinistra non è riuscito a comunicare le sue soluzioni soprattutto ad una buon parte di quei cittadini che hanno difficoltà ad arrivare a fine mese, ai quali la promessa dell’eliminazione dell’ICI dev’essere sembrata molto più appetibile di tutti i realistici e concreti programmi di Prodi. Purtroppo limitarsi di parlare ai cervelli quando lo stomaco prevale su esso non potrà mai assicurarci una sicura vittoria.
Si sa che il centro destra in Italia fa particolarmente breccia sugli elettori con una scolarizzazione medio bassa, più suscettibili sicuramente al bombardamento mass-mediologico.
Sbaglierebbe la sinistra a questo punto limitarsi a scrollare le spalle e rassegnarsi che metà della popolazione è stregata dalla televisione. Se il nuovo secolo è quello della comunicazione, in cui l’informazione ha sostituito il capitale come motore della società, i nuovi poveri, i nuovi svantaggiati non sono soltanto quelli che si trovano in una condizione di deficit economico, ma anche coloro che si trovano in una situazione di istruzione, formazione e informazione precari. Ed è gioco facile per chi detiene il potere della comunicazione mediatica, soprattutto attraverso l’uso del monopolio televisivo, fare in modo che i loro utenti siano sempre meno interagenti e capaci di utilizzare concettualmente i mezzi: un attore passivo quando la comunicazione si muove sempre più su un piano interattivo.
La sinistra deve sapere dialogare con chi soffre questo deficit, saper riuscire a rimettersi in rete con i nuovi poveri esattamente come un tempo lo faceva con le masse proletarie. Solo così si può tentare una socializzazione alla politica dei cittadini che possa finalmente superare il blocco demagogico anti-politico dell’attuale centro destra italiano.
A questo punto risolvere una volta per tutti il conflitto d’interessi di Berlusconi diventa una priorità non più rinviabile, ma non bisogna illudersi che sia solo questa la chiave per la vittoria. La prospettiva della sconfitta non può essere scongiurata nemmeno dal sondaggio più promettente, finché non si riuscirà a parlare contemporaneamente alle pance e ai cervelli (tutti!).
Senza dimenticarsi naturalmente dei cuori.

SULLA LIBERAZIONE DI MASTROGIACOMO

(Pubblicato su http://www.lavocetta.it/ numero di aprile 2007)

C’è qualcosa che viene prima di qualsiasi polemica, di qualsiasi strumentalizzazione politica, di qualsiasi speculazione mediatica,e anche di qualsiasi crisi internazionale. Quel “qualcosa” può essere la foto di Gino Strada con la testa chinata sulla spalla di Daniele Mastrogiacomo, entrambi con i volti sorridenti, entrambi esausti, uno dei due con un vistoso turbante in testa, tanto per ricordarci dove ci troviamo. È la foto della liberazione; di un prigioniero innanzitutto. Ma è anche la liberazione della nostra umanità e di tutto quello che può comprendere: l’ansia per la sorte di un uomo che nemmeno conosciamo, ma che grazie alla potenze dei media diventa l’uomo della porta accanto; la paura che la prossima notizia che cliccheremo sul sito internet sia una brutta, pessima notizia; e la gioia finale, che arriva alla fine, quando il computer carica quella foto del medico e del giornalista ripresi insieme.
Ma è umanità anche quella che ti spinge a chiederti perché uno invece di strasene tranquillo in casa va a cacciarsi tra le fauci del leone incasinando un conflitto di rilevanza internazionale incasinato già di suo. Ma è la stessa umanità che spinge un individuo a fare della curiosità la sua professione e a scoprire ciò che sta dietro la coperta d’informazioni di cui siamo sommersi: la verità.
Ed è bello scoprire l’umanità ogni tanto. Peccato che non sia successo altre volte. Con Baldoni ad esempio, colpevole di essere stato rapito in un giorno d’estate, quando la gente e i governi sono assopiti dal caldo, o si è troppo distratti nel seguire le olimpiadi.
Ma questa volta no, non è successo così.
Poi vengono le polemiche, le strumentalizzazioni politiche, le speculazioni medianiche, le crisi internazionali.
Ma appunto stavolta sono venute dopo, non prima.