martedì 8 gennaio 2008

IN RICORDO DI BIAGI

(articolo pubblicato su www.lavocetta.it numero dicembre 2007)

Riconosco le mie colpe. Nel fatidico anno 1994, quando in Italia tutto doveva essere o bianco o nero, lo stile giornalistico di Biagi, così apparentemente freddo e scientifico, non mi piaceva più di tanto. Preferivo lo stile più aggressivo dei giornalisti emergenti degli anni novanta, figli più del ’68 che della Liberazione. Uno stile più infuocato, più partecipato e “di parte”. Stava invece per nascere quel giornalismo rissoso, che tendeva a mettere i politici l’uno di fronte all’altro, ma non di fronte ad un giornalista in grado di fare un’intervista seria, un’inchiesta, di studiare e fare emergere la verità chiaramente in modo di farla capire anche al meno istruito dei lettori o dei telespettatori. Ecco, gli anni mi hanno fatto capire quale era il valore di Enzo Biagi. E soprattutto lo capii dopo l’editto bulgaro. L’epurazione operato dell’allora (era il 2002) Presidente del Consiglio di una serie di giornalisti e autori televisivi (tra cui Biagi) aveva creato un più che legittimo coro di proteste che infiammò gli animi di molti cittadini. E naturalmente aveva infiammato gli animi degli epurati, che si videro costretti riciclarsi con altri mezzi (per alcuni il Parlamento Europeo) per far sentire le loro grida di protesta. Ma il grido più forte era il silenzio in cui si era ritirato Biagi. A posteriori, sembrava che la sua assenza e la discrezione con cui affrontò l’esilio mediatico simboleggiasse il ritiro della civiltà in un periodo (finito? Non penso) di sostanziale inciviltà. E allora capisco cosa dovesse aver tanto disturbato nel suo stile apparentemente freddo. Era la tensione di far vedere la realtà così com’era, di porgertela senza ammantarla di ideologia, ma sapendola interpretare in base ai propri valori ed esperienza. Una bomba esplosiva in tempi di nani e ballerine e cacofonia di urla magari intervallate dal suono dei campanelli alle porte (apri la porta…ok…entra l’ospite…ok….vai con la musica di Via col vento). E quando Fazio lo riportò in tv ormai eravamo già in fase nostalgia tipicamente faziana, il ricordo di qualcosa passato e che forse non tornerà più. E invece il ritorno ufficiale ci fu: con RT, il nuovo rotocalco che riusciva a condurre e a dirigere nonostante la fatica e il logoramento fisico derivati dal forzato allontanamento dal suo lavoro. La sua prima intervista al giovane autore di Gomorra, Roberto Saviano, un giornalista che ha messo a repentaglio la sua vita per fare un’inchiesta sulla criminalità organizzata. Nella triste mania di trovare eredi alle persone scomparse, forse la palma andrebbe data a quest’ultimo. Molto di più dei tanti coccodrillisti che abbiamo letto in questi giorni, che, a differenza di Biagi, hanno saggiamente aspettato che cambiasse il governo per scovare finalmente i malanni della classe politica italiana.

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