martedì 8 gennaio 2008

INTERVENTO CONGRESSO PROVINCIALE DEI DS DI VENEZIA 2007

Molti di noi mesi fa hanno manifestato perplessità su come è iniziata la discussione sul PD all’interno dei Democratici di Sinistra, ma alla fine abbiamo preso una decisione, e penso che non fosse opportuno ritrovarsi fra 5 anni a ridiscutere sulle stesse questioni, magari dividendosi di nuovo, tra chi è favorevole al PD, chi è contrario e chi vuole rimandare la decisione a 5 anni dopo. E abbiamo dovuto prendere questa decisione perché è stato il momento storico e politico ad imporcelo. E noi siamo già in ritardo.
Vi sono dei cambiamenti epocali: il sistema degli Stati nazionali cede il passo a movimenti internazionalistici e sopranazionali, globalizzazione e integrazione europea per citarne due; da un sistema economico fordista passiamo ad uno post-fordista e alla new economy.
Ne deriva che la società è cambiata in questi anni, ma ci troviamo di fronte comunque a divisioni, fratture tra chi ha più e meno diritti, tra chi ha più o meno privilegi; ma queste fratture non si registrano solo tra due classi sociali. Queste fratture le troviamo diffuse su tutta la moderna società fluida di oggi.
Bisognerebbe ridefinire lo stesso significato di classi sociali e di rappresentatività politica dei partiti nei confronti di essa. Infatti se si ragiona sulla possibilità di creare o meno un nuovo partito democratico bisogna partire dall’analisi della contemporaneità.
Ora di fronte a questo problema si pone la questione se noi, donne e uomini di sinistra, oggi riusciamo a pensare ad una sinistra che non solo parta, ma vada oltre le scuole politiche del ‘800 e del ‘900.
Lo diceva anche Bobbio nel ’92: la differenza tra sinistra e destra dovrebbe essere quella tra riformisti e conservatori. Ma quale riformismo?
Un riformismo che non deve essere solo di carattere economico (lavoro e welfare in primis) ma anche sociale e culturale. Insomma non si può avere un’economia e un mondo del lavoro con garanzie per tutti se contemporaneamente non si costruisce una società culturalmente flessibile ai cambiamenti, alle nuove esigenze, alla realizzazione di ogni singolo individuo. Esistono nuovi diritti (civili, politici, sociali) che si affacciano in questo nuovo millennio, la necessità dei quali si fa ogni giorno più urgente.
Diritti che possono comportare anche la rottura di steccati ideologici. I DICO possono essere uno dei primi passi verso questo processo, su un tema che fino a qualche anno fa sarebbe stato difficile far discutere anche nel nostro partito.
Deve essere precisa la vocazione che il nuovo partito deve avere chiara nel suo programma: il cambiamento della società. La sua aspirazione deve essere quelle di togliere privilegi e ridistribuire risorse, deve richiamare l’idea di solidarietà, di giustizia sociale, di libera espressione di intelletti, culture e arti.
Quindi non basta sommare le classi dirigenti e nemmeno sommare le culture, socialista e cattolica: dobbiamo creare qualcosa che vada oltre.

Certo non sarà facile costruire un partito con certi settori della Margherita, ma se è il riformismo che vogliamo fare dobbiamo capire che dobbiamo costruirlo con chi lo vuole fare.
Per quanto riguarda la differenza tra la nostra cultura e quella cattolica, guardo i movimenti che in questi anni hanno portato avanti la contestazione alle storture dalle globalizzazione. Esclusi i gruppi più estremisti, la maggior parte di queste associazioni, rete Lilliput in primis, aveva una forte componente sociale al loro interno di derivazione cattolica, e ciò nonostante di sinistra, e in grado di portare avanti un forte movimento di contestazione allo status quo. Alex Zanotelli in primis, è l’emblema di come questi movimenti nascano spesso dalla sintesi dei movimenti pacifisti, ecologisti di sinistra, e dai movimenti solidaristici cattolici.
Il PD dovrà saper interagire con essi. Troppo spesso questi movimenti sono stati ricondotti tutti ad una matrice di estremismo di sinistra, caratteristica appartenente solo ad alcune delle loro espressioni. In realtà la loro esperienza e molto più ampia e variegata di quanto un’analisi superficiale possa far sembrare. Nelle loro migliori espressioni esse mostrano una forte spinta progressista che un partito che vuole chiamarsi riformista non può ignorare. Chiaro che il compito di questo nuovo Partito dovrebbe essere riuscire a tradurre su piano concreto e fattibile la spinta idealistica di queste forze.

Ora che la strada verso il PD è stata presa, devono giocare un ruolo fondamentale le Unità di Base, i luoghi in cui da sempre si è organizzata la vita politica di tutti gli iscritti. La sezione territoriale rappresenta per qualsiasi membro dei Democratici di Sinistra il luogo del partito di maggiore legame affettivo, a prescindere dal suo percorso politico. Senza Unità di Base non ci sarebbe il Partito, non ci sarebbero stati i Democratici di Sinistra. Senza di esse non ci sarà il PD. Esse sono il maggiore punto di legame con la società, con i cittadini. Per questo l’esigenza di guardare avanti, di saper dare una risposta alla nuova domanda di partecipazione dei cittadini, come intende fare il Partito Democratico, deve essere accompagnata dal riconoscimento del ruolo di queste sezioni.
Il percorso verso il PD comporta anche un rinnovamento e l’investimento sulla costruzione di una nuova e giovane classe dirigente. Vorrei ricordare l’esperienza di alcuni giovani compagni del nostro Partito con i giovani della Margherita alle scorse elezioni politiche, e la fruttuosa collaborazione che ne è nata.
Per cui chiedo al Partito di avere la forza di non lasciarsi indietro il valore del nostro passato, e nemmeno il valore del nostro futuro.

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