martedì 8 gennaio 2008

GLI ITALIANI E LA SOCIALIZZAZIONE ALLA POLITICA

(questo articolo è stato pubblicato sul sito della Sinistra Giovanile di VEnezia nel 2006. Per quanto datato l'ho voluto recuperare, considerando alcune parti ancora attuali, anche in considerazione della nascita del PD, sia per ricordare che alcuni sbagli non sono stati ancora risolti)

La cosa più preoccupante della tornata elettorale del 2006, a mio avviso, è il dato statisticamente impossibile di una nazione che si è divisa perfettamente a metà.
Sembra quasi che gli italiani non siano in grado di avere una vera coscienza di popolo, un’idea razionalmente collettiva che alla fine permetta loro di decidere se un governo meriti o meno di esse confermato. Zapatero può governare la Spagna non tanto per merito di un suo programma, quanto per il giudizio collettivo di bocciatura per la condotta del premier Aznar nei confronti degli attentati di Madrid.
Sembra invece che in Italia la gente sia diventata talmente apolitica da non riuscire ad essere in grado di dare segnali a tutta la classe dirigente (congelata da settimane sulla questione chi ha veramente vinto, chi ha veramente perso), nemmeno attraverso lo strumento del voto. Una stanchezza politica da parte dei cittadini che si può rivelare estremamente pericolosa sia per l’apparato istituzionale che per il vivere civile e sociale.
Questo magma elettorale che vede due masse perfettamente identiche nei numeri forse nasce dal fatto che in fondo non siamo mai stati socializzati veramente alla politica dei contenuti. Per 50 anni il binomio Comunisti e Cristiani ha nei fatti diviso gli elettori in due fazioni fortemente caricate dal punto di visto ideologico, ognuna destinato a ricoprire ruoli fissati: uno al governo, l’altra all’opposizione. Non abbiamo fatto in tempo ad uscire da questo stallo con il terremoto del crollo del Muro di Berlino e con tangentopoli, che, come un cometa, ci è piombato il Cavalier Berlusconi, con tutta la sua potenza mediatica ed economica. Da quel momento siamo quindi ripiombati in una nuova divisione tra fazioni: l’anti-politica berlusconiana a destra e l’anti-berlusconismo a sinistra. Con tutte le chance in più che lascio per la sinistra, devo dire che entrambe le fazioni da ormai dodici anni hanno mancato l’obiettivo di sviluppare un proprio bagaglio di contenuti politici con cui radicare una propria identità. Si sono il più delle volte barcamenati con le istanze imposte dall’agenda politica del momento, dalle emergenze, dalla triste faciloneria demagogica, per il resto schiacciati dall’abbagliante e incredibile conflitto d’interessi economico-politico-giudiziario di Silvio Berlusconi, il vero e unico tema portante di tutti i giorni dell’anno, da ormai più di una decina d’anni.
Si è quindi mancato l’occasione di una vera socializzazione alla politica degli italiani, un’occasione che bisognava giocarsi all’inizio degli anni novanta ma che l’intervento in campo del Cavaliere ha fatto (incredibilmente?) saltare.
Erano queste le elezioni giuste per ricuperare i contenuti nella politica?
Secondo l’impostazione di Prodi sì.
Non si spiegherebbe altrimenti l’attenzione dedicata ad un lungo programma di 280 pagine. Un programma difficilmente leggibile nella sua interezza dalla maggior parte dei lettori; un programma che è il risultato della difficile mediazione tra tutte le anime dell’Unione. Ma nonostante queste difficoltà il messaggio era chiaro: serietà, competenza, nessuna faciloneria demagogica. Possibile che una sbagliata comunicazione sul problema tasse e l’ennesima promessa vuota di Berlusconi (mai più ICI) siano stati quasi sufficienti per ribaltare una vittoria quasi annunciata?
Prodi ha avuto il merito di dire durante al campagna elettorale che gli italiani stanno male, che gli italiani sono stanchi, quando le forze del governo con il loro potenziale mediatico hanno continuato a dire che andava tutto bene, e se c’erano problemi era tutta colpa delle coop rosse, dei cinesi e degli extracomunitari. Ma il problema è che il centro sinistra non è riuscito a comunicare le sue soluzioni soprattutto ad una buon parte di quei cittadini che hanno difficoltà ad arrivare a fine mese, ai quali la promessa dell’eliminazione dell’ICI dev’essere sembrata molto più appetibile di tutti i realistici e concreti programmi di Prodi. Purtroppo limitarsi di parlare ai cervelli quando lo stomaco prevale su esso non potrà mai assicurarci una sicura vittoria.
Si sa che il centro destra in Italia fa particolarmente breccia sugli elettori con una scolarizzazione medio bassa, più suscettibili sicuramente al bombardamento mass-mediologico.
Sbaglierebbe la sinistra a questo punto limitarsi a scrollare le spalle e rassegnarsi che metà della popolazione è stregata dalla televisione. Se il nuovo secolo è quello della comunicazione, in cui l’informazione ha sostituito il capitale come motore della società, i nuovi poveri, i nuovi svantaggiati non sono soltanto quelli che si trovano in una condizione di deficit economico, ma anche coloro che si trovano in una situazione di istruzione, formazione e informazione precari. Ed è gioco facile per chi detiene il potere della comunicazione mediatica, soprattutto attraverso l’uso del monopolio televisivo, fare in modo che i loro utenti siano sempre meno interagenti e capaci di utilizzare concettualmente i mezzi: un attore passivo quando la comunicazione si muove sempre più su un piano interattivo.
La sinistra deve sapere dialogare con chi soffre questo deficit, saper riuscire a rimettersi in rete con i nuovi poveri esattamente come un tempo lo faceva con le masse proletarie. Solo così si può tentare una socializzazione alla politica dei cittadini che possa finalmente superare il blocco demagogico anti-politico dell’attuale centro destra italiano.
A questo punto risolvere una volta per tutti il conflitto d’interessi di Berlusconi diventa una priorità non più rinviabile, ma non bisogna illudersi che sia solo questa la chiave per la vittoria. La prospettiva della sconfitta non può essere scongiurata nemmeno dal sondaggio più promettente, finché non si riuscirà a parlare contemporaneamente alle pance e ai cervelli (tutti!).
Senza dimenticarsi naturalmente dei cuori.

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