giovedì 17 aprile 2008

DOPO LE VOTAZIONI

Ho aspettato un po' di giorni prima di scrivere le mie considerazioni, per fare in modo che le emozioni lasciassero maggiore spazio all'analisi, così le mie emozioni sono state rappresentate dal bellissimo monologo di Chaplin ne "Il Grande Dittatore".

Sottolineo subito che la campagna elettorale di Veltroni è stata una delle migliori di cui sono stato testimone, sbagliando (quasi) niente. le scelte fatte si possono discutere , ma alla fine erano per lo più inevitabili. va riconosciuto il merito del coraggio e di aver voluto dare una linea nuova alla politica. e ho la netta impressione che il risultato sarebbe stato peggiore con altri candidati. si partiva da una posizione di svantaggio e i punti recuperati sono stati comunque molti
I critici diranno che Veltroni fa politica con le emozioni. Ma per chi interpreta la politca come un'emozione come me , questo è il massimo.


quelle che seguono sono quindi analisi personali, sindacabili, forse ingenue , ma che vogliono essere propositive per il futuro, e non criticare sterilmente il tanto lavoro fatto

Passato lo schock della sconfitta, cominciamo a ragionare sull’esito del voto.
Innanzitutto una precisazione. I sondaggi a ridosso del week end elettorale davano i PD e PDL vicinissimi come voti. Addirittura i primissimi Exit poll davano il PD praticamente come il primo partito. Uno sbaglio così clamoroso dei sondaggisti a mio parere è stato determinato dal fatto che molti elettori di Berlusconi non hanno voluto dichiarare il loro voto….perché si vergognano di votare Berlusconi. Preciso: non dobbiamo pensare a questi elettori come tutti Berlusconiani sfegatati. Probabilmente lo fanno con lo stesso spirito con cui per decenni gli italiani dicevano peste e corna della Democrazia Cristiana e poi puntualmente andavano a votarla.
Il fatto è che Berlusconi non solo interpreta la “ pancia” degli italiani, ma è entrato in quella pancia. È nel subconscio della nostra società. Con questo dobbiamo fare i conti. Possiamo anche regalare sogni, ma se è la pancia ad essere vuota…

Si può dire che il PD, partendo da una situazione difficilissima, pur pagando il deficit d’immagine del Governo prodi, è risuscito nell’impresa di mantenere la posizione del 2006 e di incrementare i voti (in parte sottraendoli alla Sinistra Arcobaleno). Questo però non è bastato a raggiungere lo scopo della parità al Senato, e nemmeno il raggiungimento della “quota psicologica” del 35 per cento. Nessun sfondamento quindi, ma consolidamento del “popolo delle primarie”, e radicamento sull’elettore tipico del PD. Ma chi è questo elettore tipico? È una persona di istruzione medio alta, probabilmente professionista, di ceto medio, vive in città, sa usare i moderni sistemi di comunicazione (internet in primis), gli piace impegnarsi nel sociale: libertà è partecipazione, cantava Gaber, e probabilmente al nostro elettore piace impegnarsi socialmente e politicamente, magari proprio con le primarie del PD. Poi c’è tutto un altro mondo che non rientra in questo idealtipo. Scolarizzazione più bassa, lavoro dipendente soprattutto privato, vive nelle periferie, e tempo per “partecipare” probabilmente non ce l’ha, forse perché lavoro e famiglia non glielo permettono. Non glielo permettono forse soprattutto l’incombenza di arrivare economicamente alla fine del mese. Forse a questo tipo di elettore, che una volta avrebbe votato per PCI o per DC, e che oggi con difficoltà vota per il PD, la promessa dell’eliminazione dell’ICI è una questione veramente importante, non interpretabile solo come l’ennesima trovata demagogica di Berlusconi.

Poi c’è tutto un territorio che è il nord Italia, il lombardo veneto in particolare, in cui il PD si afferma, ma comunque perde. Qui la Lega trionfa. Prende i voti anche dalla Sinistra arcobaleno. Fenomeno interpretabile solo in parte come voto di protesta. In questi territori la Lega ormai da vent’anni è presente con i suoi sindaci. Ormai si è radicato con una rete che mescola società, partito ed istituzioni. Un po’ come nella Romagna rossa. Qui i piccoli e medi imprenditori assumono extracomunitari (se il lavoro è la mola dell’integrazione, il Veneto è in testa), e poi votano politici che vogliono portare i maiali a spasso nelle moschee. Qui non basta parlare di infrastrutture, quando è la paura dei fenomeni glocali, la sensazione di un vuoto di sicurezza, a determinare le scelte politiche. In futuro il PD deve entrare nei territori, mettersi in rete, tentare un approccio culturale-identitario come ha fatto la lega. Lasciando da parte le istigazioni alla paura, ai pregiudizi, ecc ecc…Abbiamo messo un dirigente di Confindustria in lista. È riuscito a portare il PD al 33 per cento nella città di Vicenza ed è un buon risultato. Ma non si è avuto lo stesso effetto trascinante nel resto del territorio . Da noi Confindustria è l’ennesimo potere forte che, con i sindacati e i politici romani , è visto con il fumo negli occhi.
Forse la penetrazione nelle periferie nordestine avrà effetto solo tra una generazione, quando cioè si potrà superare una certa barriera culturale, portando e formando valori che non siano quelli del carroccio, ma è una strada che va iniziata subito. Creare una rete politica di piccoli imprenditori e artigiani potrebbe essere il primo passo.


La Sinistra arcobaleno è la grande sconfitta.
Si prevedeva uno spostamento di voti dalla sinistra verso il PD. (Ma bisogna tenere conto anche del passaggio di voti dagli ex DS verso sinistra con l’uscita della sinistra democratica e con l’estraneità della CGIL dalla nascita del PD). Ma non ci si aspettava un risultato del genere. Quello che perde la Sinistra Arcobaleno non si può spiegare semplicemente con l’erosione operata dal PD. Vi è proprio uno spostamento a destra dei voti. La Sinistra radicale è stata brava a mettersi in rete con associazioni, e ONG in questi anni, ma appoggiare i NO Dal Molin, i No Tav e i No Mose non significa per forza avere i voti dei manifestanti. La contraddizione diessere stata una componente del governo e allo stesso aver voluto mantenere lo spirito da opposizione ha generato un cortocircuito. E così tra i tanti NO non sono riuscite ad emergere le proposte. Parallelamente, nonostante la sua volontà di essere una forza di classe, non rappresenta più la classe operaia, sempre più vicina alla lega o a Berlusconi. Tutto il centro sinistra, come detto sopra, ha perso il rapporto con quello che una volta veniva definito il proletariato. E questo voto va recuperato. Sennò avremo sempre masse di elettori che ci voteranno contro. Bertinotti e Veltroni dovranno in futuro girare di più nelle fabbriche e sentire quanti operai sono pronti a votare Berlusconi se questo toglie l’ICI. Magari rimpiangono “il Bertinotti di una volta”. Ma quale Bertinotti di una volta? Il ricordo mitico di una sinistra lontana è lo spettro più duro che PD e S.A. devono affrontare. Ma la soluzione deve essere trovata. Magari insieme, convergendo anche verso un soggetto unico, nell’ottica di un bipartitismo che gli elettori sembrano volere sempre di più. E scegliendo di stare dalla parte non del mito di un proletariato, che andrebbe alla pari del mito dell’antica sinistra, ma di chi nella società fluida, complessa, glocale di oggi, è più svantaggiato rispetto ad altri, rischia di più a rimanere indietro; una società dove un precario va difeso in maniera diversa rispetto un lavoratore dipendente, e dove un lavoratore di un’azienda privata va difeso in maniera diversa rispetto ad un dipendente pubblico; dove un piccolo imprenditore va aiutato a creare la sua attività con gli strumenti necessari a crescere.
Per costruire una società dove la flessibilità, come adattamento ai processi lavorativi sempre in trasformazione, sia una scelta del lavoratore, non una scelta imposta dal datore di lavoro o dalla società, e una scelta nell’ottica della sicurezza, e non della precarietà.

(ps: su un prossimo post farò qualche altro commento sul voto dei giovani)

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